La missione è ritrovare una donna scomparsa, Rachel Solando, condannata per omicidio. Ma nulla sembra andare nel verso giusto. Un uragano si abbatte sull'isola, impedendo qualsiasi collegamento con il resto del mondo, e la situazione diventa sempre più oscura. Abbiamo intervistato lo sceneggiatore, Stefano Ascari e il disegnatore, Andrea Riccadonna per un’intervista doppia sugli aspetti tecnici e artistici del fumetto.
Stefano Ascari, modenese, classe ’75. Muove i primi passi nel mondo del fumetto nello studio di Massimo Bonfatti collaborando alle sceneggiature di Cattivik. Lavora a tempo pieno come graphic designer e dal 2000 collabora in qualità di sceneggiatore con diversi disegnatori. Nel 2008 è uscito David, un thriller con protagoniste le opere d’arte realizzato in tandem con Andrea Riccadonna, pubblicato da Edizioni BD.
Andrea Riccadonna, nato a Torino nel 1975. Allievo di Gabriele Maschietti e Cinzia Ghigliano, ha lavorato come illustratore per l’editoria, la pubblicità e il cinema (con Dario Argento per La terza madre). Nel 2008 ha disegnato David, opera prima del suo sodalizio con Stefano Ascari.
Due agenti dell’FBI a contatto col male e con la follia. La sicurezza investiga l’incertezza. Come l’hai risolto a livello di dialoghi?
STEFANO: La vicenda tessuta da Lehane sfrutta una serie di meccanismi narrativi usati con estrema sapienza per parlare al lettore del rapporto tra uomo e violenza. Nell'adattamento a fumetti abbiamo spostato l'accento su un altro aspetto del romanzo e cioè il rapporto tra verità e racconto. Quando abbiamo progettato la graphic novel abbiamo deciso che l'aspetto visivo (quindi le tavole disegnate) avrebbe suggerito e trasmesso l'ambiguità degli eventi. In questo senso le tavole oniriche realizzate da Maurizio Rosenzweig hanno potenziato l'aspetto illusorio della narrazione disegnata. Il testo, il parlato del fumetto, invece doveva rappresentare l'istanza di verità. Niente di quanto detto dai personaggi è lettaralmente falso, mentre quanto mostrato nelle tavole è in alcuni casi, volutamente ambiguo. Per questo ho lavorato sui dialoghi per cercare di renderli asciutti, solidi e veri anche nella forma, oltre che nel contenuto.
Due agenti dell’FBI a contatto col male e con la follia. La sicurezza investiga l’incertezza. Quali sono state le priorità, nel momento illustrativo?
ANDREA: La priorità è stata quella di rendere i personaggi credibili e quanto più possibile reali: a partire dalla scelta del volto dei protagonisti che, come potrà notare chi leggerà il fumetto, si discosta molto da quella del film. Ho cercato di lavorare molto sulla loro recitazione, rendendo al meglio ogni emozione attraverso la mimica facciale e, dove possibile, con il linguaggio del corpo, in primis col gesticolare delle mani
Perché il verde come colore dominante?
STEFANO: Abbiamo scelto di colorare tutta l'opera con un tono di verde un pò 'disturbante' per caricare l'aspetto malato e inquietante del racconto. Inizialmente penso che il lettore lo percepisca come un semplice accorgimento grafico, ma credo che, col procedere della lettura, la colorazione sviluppi una propria 'voce' che contribuisce all'effetto finale del lavoro.
Perché la scelta di concentrare le immagini sulla figura umana e di lasciare pochissimo spazio alla natura?
ANDREA: Credo che l'aspetto fondamentale della storia risieda nei personaggi e sulle loro interazioni. Come ho già detto mi sono molto concentrato sulla recitazione e sulle espressioni. Di conseguenza, anche considerando il formato di stampa, ho preferito tenermi su inquadrature incentrate sulla persona piuttosto che inserire molti campi lunghi che ci avrebbero limitato sul piano dell'espressività dei protagonisti. I campi lunghi ci sono, spesso in splash page, per creare un contrasto di scala tra il personaggio e l'ambiente, inospitale e, in qualche modo, alieno.
Com’è stato il passaggio dalla lettura del libro alla sceneggiatura?
STEFANO: Terribile! Mentre leggevo il romanzo sapevo che su quello stesso testo stava lavorando anche Martin Scorsese. Sapevo di essere alle prese con spazi diversi e soprattutto con un media diverso... ho faticato molto per trovare la chiave di lettura giusta che mi permettesse di tagliare il romanzo senza tradirlo. Ho lavorato direttamente sui dialoghi trasformando il romanzo in una specie di radiodramma. A quel punto ho spostato, asciugato e rimontato finchè non ho ottenuto una narrazione coerente e graduale. Da lì sono partito a sceneggiare le singole tavole, ma a quel punto il grosso del lavoro era fatto.
Come progetti una tavola? In base a cosa decidi, ad esempio, che disegnerai un primo piano o un’architettura vista a volo d’uccello?
ANDREA: Come impostare la tavola dipende in gran parte dalla sceneggiatura. Lo sceneggiatore nel fumetto è in sostanza la somma dello sceneggiatore cinematografico e del regista: suggerisce che tipo di inquadratura gli sembra più adatta per la narrazione. Per restare nella metafora cinematografica il disegnatore è allo stesso tempo il direttore della fotografia, lo scenografo e... tutti gli attori insieme!
La parte più complessa di questo lavoro
STEFANO: Senza rivelare troppo sulla storia posso dire che la parte centrale della vicenda è stata piuttosto complessa da rimontare. Nel romanzo ci sono alcuni dialoghi e alcuni passaggi che Lehane ha dovuto inserire per amplificare il discorso sulla violenza nella natura umana, che funzionano bene sulla pagina scritta ma che erano un pò ripetitivi dal punto di vista della narrazione a fumetti. Ho dovuto tagliare una porzione temporale importante della vicenda dove accadevano cose e venivano comunicate informazioni che comunque mi servivano... ecco ricucire i passaggi tra il terzo e il quarto giorno della vicenda è stato il momento più complesso della sceneggiatura.
ANDREA: La parte più complessa è stata adattare il mio stile, normalmente privo di neri, ad una storia che aveva assoluta necessità invece di neri e di ombre. Come dicevo prima ho studiato maestri come Mignola e Miller per cercare di trovare un modo efficace per rendere le ombre e per poter raggiungere l'idea che avevo in mente.
Un commento ricevuto che ti piace ricordare.
STEFANO: Beh, su questo lavoro in particolare è stato fondamentale il primo "okay" di Tito Faraci, il nostro supervisore. Quando mi ha dato l'ok sulla prima giornata (il fumetto è suddiviso, come il romanzo in quattro giorni) mi sono sentito decisamente più leggero. Su "David" diverse persone commentarono positivamente la naturalezza dei dialoghi: per uno sceneggiatore credo sia il complimento più bello.
ANDREA: In realtà ogni apprezzamento mi fa sempre molto piacere. Il semplice fatto che i lettori riescano a fruire della storia in modo lineare e godendosi le tavole è un bellissimo risultato.
Quali sono i tuoi maestri di riferimento?
STEFANO: Sono cresciuto leggendo di tutto, ma le prime sceneggiature che ho potuto vedere sono state quelle di Tiziano Sclavi per Dylan Dog. Attualmente cerco di studiare attentamente Greg Rucka e Brian Micheal Bendis che sono maestri nell'uso di un certo tipo di dialogo serrato e molto televisivo.
ANDREA: Su Shutter Island in particolare ho dovuto studiare attentamente i maestri dei 'neri' pieni, Miller e Mignola. Ma il mio stile originale è legato alla linea chiara, quindi ad autori come Jullard, Giardino, Shiuten, Windsor Smith.
Avete già lavorato assieme per la graphic novel 'David'. Com’è la vostra sinergia?
STEFANO: Con Andrea mi lega un rapporto di amicizia (anche se a distanza) che ha preceduto il sodalizio professionale. Abbiamo un bagaglio comune a livello narrativo e cinematografico (e anche di studi essendo entrambi architetti mancati) che ci consente di capirci al volo e di sfruttare i riferimenti comuni per velocizzare il lavoro. Come sceneggiatore mi piace (quando possibile) valorizzare le peculiarità dei disegnatori con i quali lavoro: nel caso di Andrea cerco sempre di scrivere tavole che siano interessanti da disegnare, o sottolineando gli aspetti recitativi dei personaggi o costruendo panorami e scorsi architettonici per i quali a volte mi maledice (ma che in fondo adora!).
ANDREA: Stefano ed io siamo prima di tutto amici. Lo so che sembra una banalità ma non lo è affatto.Come non lo è il fatto di sentirci liberi di fare critiche al lavoro l'uno dell'altro Ci piacciono gli stessi libri, gli stessi film e gli stessi fumetti e questo rende facile intenderci. Sul lato pratico quando mi arriva la sceneggiatura la leggo e cerco di capire come funzionano le tavole facendo un rapido storyboard. Se qualcosa non mi convince ne discutiamo assieme sino a quando non arriviamo ad una soluzione che ci soddisfa. Passo poi ad un secondo storyboard molto dettagliato che gli mando e che lui verifica. A quel punto se siamo entrambi soddisfatti inizio a disegnare le tavole che mano a mano gli spedisco e che vengono controllate nuovamente. Raramente le tavole differiscono dall'ultimo storyboard ma nel caso succeda se ne riparla di nuovo... come si può intuire il confronto è a dir poco continuo!
Un talento di Andrea.
STEFANO: Andrea è innanzitutto un ottimo professionista. Cosa non scontata nel mondo del fumetto e, in generale, in ambito lavorativo. Ha una visione concreta e realistica del lavoro e dei propri tempi. Oltre a questo aspetto, che rende il lavoro con lui estremamente agevole, è un disegnatore potente, abile nel far recitare i personaggi, curato nella costruzione degli ambienti. Inoltre ha una buona visione sul funzionamento della tavola, cosa che mi aiuta
Un talento di Stefano
ANDREA: Stefano ha la grande abilità di saper trasformare esplendidamente le storie in fumetto. Le vignette sono sempre coerenti tra loro, conseguenti e soprattutto non accumula al suo interno 50 azioni simultanee che sarebbero impossibili da gestire...insomma è un gran sceneggiatore!
Progetti?
STEFANO: Ancora alcune storie noir (e dintorni) sempre per Edizioni BD, poi alcuni progetti pensati per il mercato francese (per i quali non posso che incrociare le dita) e poi... scrivere. Scrivere sempre di più.
ANDREA: Sempre con Stefano e con le edizioni BD un nuovo progetto ed alcune iniziative per il mercato francese...vedremo quel che succederà!
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