Un posto d’onore fra gli pseudobiblia in giallo è riservato a “Hanno rapito Bobby” (Child Heist), la cui storia illustra alla perfezione il delizioso gioco letterario che autori insospettati hanno amato usare, anche di nascosto.

Dagli anni ’60 in poi riscuotono un grande successo negli Stati Uniti i romanzi gialli di Richard Stark: una serie di quasi trenta titoli con protagonista il criminale Parker, da cui sono stati tratti anche diversi film di successo. Stark altro non è che lo pseudonimo dello scrittore Donald E. Westlake, versatile autore dei generi più disparati. Egli negli anni ’70 decide di firmare col proprio nome un altro genere di romanzi: gialli umoristici, fra cui quelli con protagonista il ladro sfortunato Dortmunder, che quasi fa da contraltare Parker.

Richard Stark
Richard Stark
Nel 1974 Westlake si unisce, come molti suoi colleghi prima e dopo, al divertissement letterario degli pseudobiblia e scrive “Come ti rapisco il pupo” (Jimmy the Kid), terzo romanzo della serie dedicata alle avventure semiserie di Dortmunder e la sua banda scalcinata. In questa storia Kelp, l’amico del protagonista, ha un’idea geniale: perché continuare a progettare piani che falliscono regolarmente, quando ci si potrebbe affidare ad un piano già bello e pronto, coronato da successo? Il piano già pronto Kelp lo trova in un libro, che spedisce ai suoi quattro amici: il titolo è “Hanno rapito Bobby”, ed è firmato... Richard Stark. Dopo un’iniziale diffidenza («Dev’essere una porcheria» è il commento di Dortmunder), il gruppo di ladri decide di seguire passo passo le vicende narrate con dovizia di particolari dal libro, e di rapire un bambino seguendo le istruzioni del libro di Stark.

«Quando gli era capitato il libro tra le mani, Kelp era in prigione [...]. Molti dei libri in questione erano dello stesso autore, Richard Stark, e parlavano tutti dello stesso tizio, Parker. Storie di rapine, colpi grossi, macchine blindate, banche e roba del genere. E la cosa che più era

Donald E. Westlake
Donald E. Westlake
piaciuta a Kelp di quei libri era che Parker la faceva sempre franca. Storie di rapine nelle quali il criminale, alla fine, non veniva mai acciuffato... Fantastico.»

Westlake così prende in giro i lettori due volte: non solo Richard Stark è un proprio pseudonimo, è cioè un autore inesistente, ma “Hanno rapito Bobby” non fa parte della ricca bibliografia dei romanzi di questo pseudoautore! Un libro falso, quindi, per un autore falso... Più di venticinque anni dopo Stephen King adottò lo stesso escamotage per il suo romanzo “La metà oscura” (di cui abbiamo parlato in un precedente articolo di questa rubrica). Questo romanzo parla di un autore che abbandona il proprio pseudonimo per tornare a firmare con il proprio nome, operazione che non va a genio allo pseudonimo in questione, che “si fa carne” per vendicarsi d’essere stato abbandonato. King avrebbe potuto usare, come fa Westlake, il proprio vero pseudonimo usato in passato (Richard Bachman), invece usa un altro nome... George Stark, in omaggio allo stimato collega.

Mentre King citerà il “suo” Stark all’inizio dei capitoli, Westlake cita brani dall’inesistente “Hanno rapito Bobby” per aiutare man mano Dortmunder e la sua banda nelle fasi del rapimento, le quali daranno vita ai divertenti fraintendimenti e paradossali incidenti che rendono il romanzo “Come ti rapisco il pupo” un vero gioiello di letteratura gialla comica.

Malgrado le indicazioni precise di Parker, scritte da Stark (in realtà Westlake!), ai maldestri rapitori andrà tutto male, compreso l’essere truffati niente meno che dal bambino rapito! Questi infatti è un piccolo genio che li raggira sin dall’inizio, tenendosi alla fine i soldi del riscatto, coi quali produrrà un film che metterà in scena le vicende della sfortunata banda di Dortmunder. Il romanzo si chiude con una lettera sdegnata di Richard Stark che, visto il film in questione, si lamenta che sia stato plagiato dal suo romanzo “Hanno rapito Bobby”, ignorando che invece il film si rifà a dei “veri” rapitori che, quel libro alla mano, hanno cercato di ricrearlo dal vivo.

Un gioco letterario multiplo, quindi, questo romanzo di Westlake, le cui sorprese non finiscono certo qui. Ricapitolando, Westlake si inventa uno scrittore (Stark) che scrive un falso romanzo (“Hanno rapito Bobby”) che verrà usato da dei personaggi letterari (la banda di Dortmunder) per compiere un crimine: dal fallimento di questo crimine nascerà un film falso... Che invece falso non è!

Teo Teocoli (Dortmunder) e Massimo Boldi (Kelp)
Teo Teocoli (Dortmunder) e Massimo Boldi (Kelp)
Nel 1976 arrivano infatti gli italiani a chiudere il cerchio e ad aggiungere un tassello a questa storia. Lucio De Caro gira “Cinque furbastri, un furbacchione (Come ti rapisco il pupo)” che è la fedele trasposizione cinematografica del romanzo di Westlake, adattata ovviamente al mondo italiano. Dortmunder, sua moglie May, Kelp, Murch e sua madre tassista diventano Elia, Rita, Pinin, Dado e Dada (rispettivamente, Teo Teocoli, Stefania Casini, Massimo Boldi, Umberto Smaila e Franca Valeri). Walter Chiari è il padre del rapito e Felice Andreasi è l’ispettore di polizia: un cast eccezionale per un film divertentissimo. Da citare una delle “italianizzazioni” nella storia: nel romanzo i cinque passano la prima notte del rapimento a vedere “La moglie di Frankenstein” (1935) in un televisore portatile, mentre nel film italiano si tratta di “La polizia sta a guardare” (1973) di Roberto Infascelli.

I cinque “furbastri” italiani avrebbero potuto far riferimento anche loro all’inesistente “Hanno rapito Bobby” di Stark, invece (con una scelta che oseremmo definire geniale) preferiscono attenersi alla “realtà”: il libro

che useranno per rapire il bambino è... “Come ti rapisco il pupo” di Donald Westlake, con tanto di inquadratura del Giallo Mondadori n. 1373, nella prima edizione italiana del maggio del 1975: il cerchio pseudobiblico è chiuso!

«Il Killer aveva sempre avuto ambizioni letterarie, aveva sempre saputo di avere dentro di sé qualcosa di bello, qualcosa di meraviglioso che voleva disperatamente donare al mondo, ma proprio il mondo gliel’aveva sempre impedito, in un modo o nell’altro.» Troviamo questo “killer letterario” nel racconto “Tutti i diritti riservati” di Matteo Curtoni, raccolto nell’antologia tutta italiana “Inverno Giallo 1996” curata da Andrea Carlo Cappi per la Mondadori.

In realtà si tratta di un personaggio creato da Valentino, l’aspirante scrittore protagonista del racconto: un assassino letterario che decide di sottoporre il proprio lavoro (quello artistico, non quello omicida!) ad una giovane casa editrice, la Medea.

«Non sono un’esperta di gialli o di polizieschi - esordisce l’editrice nel suo primo dialogo con il killer - ma le tue storie, ecco, come dire, meritano di essere lette comunque.» In realtà l’editrice è amante della poesia, di cui è anche autrice premiata. «Da sotto una pila disordinata di fogli, prese un volumetto dalla copertina bianca e fucsia e glielo porse. “Questa è la mia ultima” un’altra risatina velata questa volta da un orgoglio malcelato “fatica. È una raccolta di poesie vecchie e nuove. Tieni, te lo regalo”.» La raccolta in questione ha un titolo molto evocativo: “Farfalle dalle ali di pietra”.

Malgrado le velleità poetiche, l’editrice ama più truffare i propri scrittori con contratti capestro, ma non sa cosa rischia nel tentativo di raggirare il killer. «Vedi, il mio è forse l’unico libro decente che tu abbia mai pubblicato. - le fa notare il killer nel teso faccia a faccia. - Se escludiamo il mio libro, cara, tu pubblichi roba che, onestamente, è merda. [...] Guarda che cosa hai pubblicato recentemente... “Giovani amori” di Tommaso Rosari, questo ragazzino deficiente che non saprebbe nemmeno scrivere la lista della spesa senza commettere errori di ortografia: è una stronzata, ammettiamolo. E cosa dire di quest’altra clamorosa puttanata? “Il domani svelato” di Valerio Cazzaniga... “il Nostradamus della Padania”, hai avuto la faccia di tolla di definirlo nella quarta di copertina. Oppure i due libri di quella povera cogliona di Saronno, quella che soffre di crisi depressive, “Eccomi qui” e “Storia di una nonna”... quella donna ha la linea dell’elettroencefalogramma talmente piatta che ci si potrebbe fare sopra dello sci di fondo.»

Al di là del veleno sputato sopra questo delizioso elenco di pseudobiblia, il killer fa notare che ognuno di quei testi ha rappresentato il sogno dell’autore, infranto poi per mano dell’editrice: il killer saprà fare giustizia letteraria a colpi di machete!

Valentino è soddisfatto della propria creazione: un killer scrittore che uccide la propria editrice che ha tentato di truffarlo. Un ottimo racconto da presentare ad un editore... sempre che questi non decida poi di truffare l’autore! Chissà forse Valentino non ha lavorato di fantasia per il suo racconto... forse è una storia autobiografica in cui realtà letteraria e finzione della vita si fondo insieme deliziosamente.

 

Lo scrittore Hemsley Post
Lo scrittore Hemsley Post
Fra gli pseudobiblia nelle serie televisive non può mancare “La signora in giallo” (Murder, She Wrote), ed in particolare l’episodio 1x17 “Delitto con dedica” (Footnote to Murder, 1985), scritto da quel Robert Swanson incontrato nello scorso numero di questa rubrica, in merito allo pseudobiblion presente in “Ellery Queen”.

Hemsley Post (Kenneth Mars) è un celebre scrittore invitato al festival  letterario “Premio Best-seller”, ma non certo per merito delle sue doti artistiche: bensì perché l’annuncio di un imminente nuovo esplosivo romanzo ha infiammato la stampa e gli ambienti letterari. Si dice che l’autore abbia ricevuto «un bell’anticipo a sei cifre» per il suo nuovo misterioso romanzo. «Forse la cosa migliore che abbia mai scritto» confessa con poca modestia l’autore. «Il romanzo più realistico sulla guerra del Vietnam. [...] Finora non l’ha letto nessuno: quella è l’unica copia. Non l’ho fatto vedere neanche al mio editore.» Come si può immaginare, quell’unica copia sarà un bel guaio.

«I più grandi romanzi sono sempre stati romanzi di guerra. - enuncia lo scrittore con supponenza. - Prendete il mio libro, per esempio, “Cronache coreane”: è stato il modello per una generazione.» Ma come può Post vantare d’aver scritto un libro così eccellente sul Vietnam se in quella guerra vi ha preso parte per una sola settimana «come corrispondente di “Playboy”»? Se ci si unisce il fatto che durante il festival Post viene aggredito da Frank Lapinski (Vincent Baggetta), reduce del Vietnam che l’accusa di furto, ecco che il quadro è chiaro: dopo sette anni di silenzio, Post ha deciso di scalare le vette editoriali appropriandosi delle memorie di chi in guerra c’è stato sul serio. Quando lo scrittore viene trovato assassinato, comunque, molti hanno un movente per l’omicidio, e sarà ovviamente Jessica Fletcher (Angela Lansbury) a risolvere il caso.

Lo scrittore Adrian Winslow
Lo scrittore Adrian Winslow
Conosciamo anche altri scrittori. Per esempio Lucinda Lark (Constance Forslund), allieva di Post che ha riscosso grande successo grazie a romanzi piccanti come “Donna senza veli”, libro che viene ritrovato sulla scena del delitto. C’è poi il pomposo ed altezzoso Adrian Winslow (Robert Reed), specializzato in romanzi storici ma che rifiuta qualsiasi lettura politicizzata. Quando un giornalista gli fa notare che «c’è chi pensa che il suo “Pericle al Parnaso” sia una metafora della crociata anti-comunista degli anni Cinquanta», l’autore se la ride e risponde «c’è anche chi trae conforto spirituale nel declamare sciocchezze a testa in giù!»

Chi di loro ha ucciso Hemsley Post e rubato l’unica copia del misterioso libro?