Il romanzo giallo più ricco di pseudobiblia è sicuramente “Seminario con delitto” (Seminar for Murder, 1985), scritto dalla scozzese Barbara Margaret Trimble con lo pseudonimo di B.M. Gill (Il Giallo Mondadori n. 1991).
Il protagonista, l’ispettore capo Maybridge, viene invitato a parlare ad un convegno di scrittori gialli, organizzato per premiare il miglior romanzo dell’anno di quel genere. Maybridge prende forse troppo sul serio questo invito, e si sente in dovere di sottolineare ed evidenziare la grande distanza che separa gli investigatori della carta stampata da quelli in carne ed ossa. Quello che nelle intenzioni era un omaggio agli scrittori presenti in sala, quindi, si tramuta in una “bacchettata sulle mani” sicuramente indigesta per questi.
Il tutto ci regala una gustosa sfilza di pseudobiblia in giallo... con relativi errori!
Abbiamo così “La morte è discreta” di Trevor Martin, dove l’omicida tenta di disfarsi del cadavere utilizzando l’acido solforico, ma non riesce a disfarsi della dentiera: ci sarebbe riuscito, sottolinea Maybridge, se avesse prolungato il tempo di immersione di questa nell’acido.
“Al quattro, spara!” di Chester Barrington è basato sull’impossibilità di rilevare le impronte della vittima. «Un supplemento di documentazione avrebbe però dimostrato che il sovrintendente si è arreso un po’ troppo presto su questo punto», è l’appunto dell’ispettore capo.
“Morte all’alba” di B.R. Anderson presenta un suicidio per impiccagione. «Il vostro suicida - appunta Maybridge - dopo una caduta così breve sarebbe morto per asfissia, e non per lesione del midollo spinale. Considerato il suo peso, avrebbe dovuto cadere per un paio di metri, perché lo strappo alla fine della caduta causasse la frattura e la separazione dei segmenti cervicali della colonna vertebrale; dopo una caduta di un metro scarso, ciò non sarebbe accaduto».
“Trasferimento fatale” di Lawrence Haydon sembra «plausibile», ma all’autore viene consigliato di approfondire le proprie nozioni sulla stricnina...
“Delitti nella palude” di Bonny Harper presenta un cadavere morto per asfissia in uno stagno... un chiaro errore, visto che in quelle condizioni sarebbe dovuto morire annegato: anche un patologo alle prime armi se ne sarebbe accorto.
L’ispettore Maybridge, dopo aver infastidito i presenti ed essersi conquistato il loro odio, augura a tutti: «Non siate approssimativi, cercate di fare sì che i vostri delitti siano vere opere d’arte. Buona fortuna a voi e ai vostri cadaveri.»
In questo clima teso, Maybridge incontrerà non poche difficoltà ad indagare su un vero omicidio: essere circondato da scrittori di gialli seccati non è d’aiuto, come non lo è avere fra le prove un altro pseudobiblion: “Il fattore Helius” di sir Godfrey Grant, l’organizzatore stesso del convegno.
Siamo nel 1996 e Paul Doherty, sotto lo pseudonimo di C.L. Grace, ci porta nell’estate inglese del 1471, in piena Guerra delle due rose fra le casate di York e di Lancaster. Il re d’Inghilterra Enrico VI, dei Lancaster, è stato appena ucciso nella Torre di Londra, ed il suo regno ritorna nelle mani di Edoardo IV, degli York, con la consorte Elisabetta Woodville. Questo il mondo in cui si svolge “Il libro delle ombre” (The Book of Shadows - Il Giallo Mondadori n. 2555), quarto episodio della saga del medico e speziale Kathryn Swinbrooke.
Questo non gli impedisce certo qualche speculazione finanziaria, visto che usa il Libro per predire il futuro ai suoi “clienti” dietro congruo compenso...
Il Libro precedentemente apparteneva ad un altro negromante, Matthias. «Ero venuto in possesso di un grimoire e l’ho usato per evocare il Signore dell’inferno, ma un altro mago me lo ha portato via, un uomo dal cuore nero e senz’anima, chiamato Tenebrae». Matthias, in punto di morte, avverte che la malvagità di Tenebrae provocherà seri problemi se unita ai potenti malefici che può generare il “Libro delle Ombre”, «la via che consente ai demoni di entrare nel nostro mondo».
Ecco il resoconto di chi l’ha letto: «Qui ci sono pagine e pagine di pettegolezzi e notizie scandalose. Mezze verità, calunnie, affermazioni oscure e maligne. Il nome di un autorevole lord che è stato reso becco dalla moglie. I peccati e i vizi occulti di un certo vescovo e di altri. I nomi di baroni e mercanti che hanno sostenuto segretamente la casata dei Lancaster. Ce n’è abbastanza per spedire un mucchio di gente sulla forca».
Altro che negromanzia: il “Libro delle Ombre” altro non è che un tabloid scandalistico in piena regola! «Se i nemici del re venissero in possesso di questo libro, che sia vera o falsa la notizia, il paese potrebbe essere sconvolto da una nuova lotta per il potere»: un motivo più che valido per far finire nel fuoco il grimorio.
In chiusura, va specificato come all’Honorius citato dal romanzo è veramente attribuito un grimorio, un libro di magia: il “Liber Juratus”, o “Liber sacer” o vari altri nomi simili. Si tratta di un libro medievale di magia, di incerta datazione, ma che già veniva citato nel tredicesimo secolo. Sicuramente Doherty ha usato questo testo come base per il suo “Libro delle Ombre”, creando però un vero e proprio pseudobiblion nel momento in cui fa di quest’ultimo un autentico amplificatore di “gossip” medievale.
H. Joshua Hawes è un critico musicale di grande talento, nonché biografo ed amico di un compositore di fama internazionale: Paul Baudelin. Il critico si accorge che Baudelin, dopo aver perso la prima moglie, riesce a creare musiche meravigliose, addirittura celestiali; quando però in seguito si innamora di una nuova donna, l’ispirazione sembra scomparire. La soluzione è ovvia: sbarazzarsi di questa donna in modo che il compositore torni a creare grandi opere e che soprattutto abbia successo il saggio “La vita e la musica di Baudelin”, a cui Hawes ha dedicato tanto tempo. Quando però il musicista subodora qualcosa, inizia un racconto delizioso e dalle mille sorprese.
Va segnalato che Nevins è un vero biografo, come il suo personaggio: nel 1988 ha scritto la biografia di Cornell Woolrich, “First You Dream, Then You Die”.
Il colonnello Alec Nivin è intento a firmare autografi per il suo libro “Le memorie di una spia” (Memories of a Spy) che, a quanto pare, sta avendo un ottimo successo. Ma l'atmosfera cambia quando un uomo misterioso passa allo scrittore un foglio con su scritto «Dobbiamo parlare. Ora!» C'è uno scontro verbale tra i due, poi l’uomo misterioso scompare... e ben presto il colonnello scrittore verrà ritrovato morto.
Ma che genere di libro ha scritto questo Nivin? «È per caso un libro del tipo “Come ho vinto la guerra da solo”?» chiede Queen padre. «No - risponde il figlio - è più simile alla rubrica dei pettegolezzi. È una raccolta di scandali di guerra. Nivin era una spia inglese e trovò dei documenti che i tedeschi non avevano bruciato quando evacuarono Parigi.»
In realtà il libro contiene anche rivelazioni “piccanti”. Si scopre che Sonja Dobrenskov, moglie del diplomatico Aleksej, è andata a trovare Nivin per pregarlo di non rivelare il loro torbido passato insieme. «Quel libro è un’accusa!» racconta la donna piangente all’attuale marito.
Com’è d’uso nei telefilm di Ellery Queen, lasciamo agli spettatori scoprire chi ha ucciso Nivin a causa del libro da lui scritto...
Chiudiamo con una velocissima citazione di “The Shanghai Solution”, pseudobiblion in giallo citato ne “Il premio letterario” (1x13), un altro episodio della serie “Ellery Queen”.
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