C’è un filone marziale che racconta storie di lottatori invischiati in combattimenti clandestini, le quali sembrano risultare più affascinanti rispetto a storie di agonismo sportivo “legale”. Mentre film come “Karate Kid”, “I migliori” o “Senza esclusione di colpi 2” (titolo quest’ultimo di cui abbiamo precedentemente parlato), o come la più nota e celebre saga di “Rocky”, hanno basato le proprie storie sugli incontri “codificati” con tanto di arbitro e gong finale, c’è un genere marziale che invece parla dei Pit Fighter, lottatori che combattono in modo abusivo e “sporco” nei posti più sordidi della città.
L’illegalità degli incontri permette a questi film di poter incedere nella spettacolarità di alcune tecniche di arti marziali che, per la loro pericolosità, sarebbero penalizzate da ogni arbitro che si rispetti: inoltre si può aggiungere il pathos della morte per mano di un feroce avversario, elemento quasi del tutto assente dal genere sportivo.
Ma come si diventa Pit Fighter?
Nella realtà cinematografica, Pit Fighter lo si diventa perché costretti: mai per propria scelta. Scegliere infatti questa “professione” significherebbe guadagnare sulla violenza fisica, e conseguentemente (sempre secondo canoni cinematografici) sulla violenza morale: qualità che assolutamente non si addicono alle brave persone! Per essere quindi protagonisti dei film di questo genere, si deve aborrire la violenza fisica malgrado ci si sia allenati per anni... L’equazione non lascia scampo: essere protagonisti, secondo la morale filmica, significa essere l’eroe buono della storia, ed un eroe buono non ama la violenza ed anzi fa di tutto per evitarla. Non si scampa.
Quest’equazione cinematografica ha generato una galleria di personaggi straordinariamente identici: dal Léon di Jean-Claude Van Damme all’Eddie di Hector Echavarria, dal Miles di Lorenzo Lamas al Bone di Michael Jai White, la caratterizzazione del protagonista segue binari ben precisi.
Il protagonista non ha mai partecipato ad incontri clandestini, o se l’ha fatto se n’è pentito amaramente (“Confessions of a Pit Fighter”). Ad un certo punto della sua vita (possibilmente quando è all’apice della forma fisica) muore una persona a lui cara... Proprio così: mai essere troppo legati ad un Pit Fighter, perché si ha vita breve! Si può essere un fratello (“Lionheart”, “Confessions of a Pit Fighter”, “Street Warrior”) o un caro amico (“Kickboxing mortale”, “Blood and Bone”), ma il destino è lo stesso: morte! Se si è fortunati, si finisce al massimo in un coma reversibile (“Street Warrior”). È comunque vero che a spingere alla violenza può essere anche la lusinga del denaro (“Lame mortali”, “Fighting”), il dover pagare un debito (“Costretto a combattere”) o riconquistare il proprio orgoglio (“Never Back Down”). Di fronte alla morte di un congiunto si pone un dilemma etico: vendicarsi della morte del proprio caro farebbe del protagonista un violento, quindi non più eroe positivo. No, non va bene: bisogna incanalare la violenza scaturita dalla sete di vendetta in maniera positiva. Ecco che spunta fuori la moglie o compagna del fratello/amico, giovane madre (“Lionheart”, “Blood and Bone”) o anche solo incinta (“Confessions of a Pit Fighter”): aiutare una madre o donna incinta è cosa meritoria e positiva, quindi il protagonista potrà ammantare di giusti valori il going berserk di cui sarà protagonista, l’esplosione di violenza che lo porterà di incontro in incontro a tecniche marziali sempre più spettacolari, fino alla Furia finale.
Ci sono gustose varianti a questo schema. In “Danny the Dog” il protagonista è un uomo la cui mente è stata sistematicamente riprogrammata per essere un lottatore cieco e instancabile: la violenza usata nei combattimenti in arene clandestine non sono quindi esecrabili dal punto di vista morale, visto che il protagonista non ha responsabilità né scelta alcuna. La confusione mentale torna in “Pit Fighter”, piccolo film dalla trama sorprendentemente complessa, ma in cui di fondo il lottatore clandestino prova sì piacere nel combattere ma anche qui non è sua responsabilità: è un percorso catartico che lo porterà a scontare la sua vita precedente alla perdita della memoria.
Il manager può avere avuto un passato da combattente (“Lionheart”) oppure è un semplice traffichino che sta a malapena a galla (“Pit Fighter”, “Fighting”, “Blood and Bone”), e che vede nel protagonista le potenzialità per fare un sacco di soldi! Non mancano esempi invece di manager professionisti, di gente cioè che fa il talent scout di mestiere (“Lame mortali”, “Danny the Dog”, “Confessions of a Pit Fighter”), così come un semplice amico può fungere da manager (“Never Back Down”).
In questo genere di storie, dove i soldi provengono dalle scommesse clandestine, arriva il momento topico che metterà a dura prova sia il Pit Fighter che il suo manager: il momento dell’incontro truccato. Una volta che il protagonista combatte talmente bene che ormai nessuno scommette contro di lui, è il momento che questi perda per far sì che i pochi a scommettere sull’avversario vincano un mucchio di soldi, ben
Fatto sta che i lottatori protagonisti di queste storie mai e poi mai accetteranno di perdere per finta: si faranno massacrare di botte ma alla fine del match saranno loro a rimanere in piedi. E i soldi persi per questo guizzo di orgoglio? Non c’è problema: o si è compiuto un qualche inganno per guadagnare lo stesso, o i soldi non sono più tanto importanti... In entrambi i casi, il Pit Fighter è venuto meno alla storia fin lì narrata, visto che non voleva compiere inganni e aveva bisogno di soldi!
Come si è visto, il genere Pit Fighter è un quadro dai molti colori ma dipinti tutti con lo stesso pennello. Ecco di seguito alcuni titoli basilari del genere, inframezzati da altri non strettamente legati ma lo stesso consigliati per apprezzare il filone.
Filmografia
Lionheart: scommessa vincente (Lionheart, 1990) - DVD Stormovie
Il film segna il sodalizio di Jean-Claude Van Damme col regista e sceneggiatore Sheldon Lettich, con un film che è una pietra miliare fra gli amanti del genere, malgrado i difetti. Fra i protagonisti troviamo amici di Van Damme (Michel ed Abdele Qissi, Kamel Krifa) e attori marziali ancora esordienti in piccoli cameo (Billy Blanks e Jeff Speakman).
Costretto a combattere (Night of the Warrior, 1991) - DVD WildWolf
Il film è scritto da Thomas Ian Griffith, attore marziale nettamente superiore al Lorenzo Lamas protagonista, ma che non ha avuto le stesse opportunità. Il livello marziale è bassissimo, e si salva solo la presenza di James Lew nel combattimento finale.
Kickboxing mortale (Best of the Best 2, 1993) - VHS Cecchi Gori
Film tipico dell’epoca e del genere: scarsa qualità in ogni aspetto ma tutto viene riscattato dalla qualità dei combattimenti. Nel ruolo del villain Brakus troviamo un Ralph Moeller in forma smagliante, dopo esser stato barbaro del futuro in “Cyborg” e morto resuscitato ne “I nuovi eroi”, mentre fra i combattenti dell’arena è da segnalare il granitico Stefanos Miltsakakis.
I nuovi guerrieri, o Lame mortali (Ring of Steel, 1994) - DVD Legocart
Come sopra, film pessimo sotto ogni aspetto ma dalle sequenze marziali notevoli. Curiosa apparizione dell’attrice Carol Alt, totalmente fuori ruolo.
Pit Fighter (2005) - inedito
Film dalla sceneggiatura sorprendentemente complessa, che lo rende di gran lunga il migliore fra quelli qui recensiti. Poca (ma buona) marzialità per lasciare spazio ad un’ottima caratterizzazione dei personaggi. Da notare in un ruolo cameo Scott Adkins, fra i migliori attori marziali del momento.
Danny the Dog (id., 2005) - DVD 01 Distribution
Primi tentativi per Jet Li di abbandonare il genere che gli ha regalato la notorietà, trovandosi a recitare fra due mostri sacri del cinema come Bob Hoskins e Morgan Freeman. Film di bassissima marzialità ma ben curata dal prolifico coreografo Corey Yuen. Nel combattimento nella piscina troviamo Scott Adkins fra i “cattivi”.
Confessions of a Pit Fighter (id., 2005) - DVD One Movie
Quasi una versione ispanica di “Lionheart”, il film scritto e diretto dall’attore-stuntman Art Camacho mantiene comunque un buon equilibrio fra pregi e difetti, con scene di combattimento sotto tono ma di sicuro effetto.
Never Back Down - Mai arrendersi (Never Back Down, 2008) - DVD Medusa
Versione “giovanilistica” del tema, anche se forse più legato a “Karate Kid” che ai Pit Fighter. Rimangono comunque gustosi i combattimenti clandestini organizzati in ville di lusso.
Fighting (id., 2009) - DVD Universal Pictures
Il film alterna la ricerca del realismo (la vita dura per le strade di New York) ad un’eccessiva dose di buonismo e ingenuità. Comunque non il peggiore dei titoli, ed è da segnalare l’incontro del protagonista contro Dragon Le, interpretato dal vietnamita Cung Le, vero campione di arti marziali a livello mondiale.
Street Warrior (id., 2008) - inedito
Film televisivo interpretato da Max Martini, apprezzato interprete del telefilm “The Unit”. Malgrado l’ottima fattura, la storia ripropone in versione “patinata” i dettami del genere senza aggiungere altro, se non dell’inutile buonismo. I combattimenti, affidati al coreografo prettamente televisivo Freddy Bouciegues, più che rifarsi al realismo degli incontri da strada testimoniano di più la scarsa preparazione degli attori.
Blood and Bone (id., 2009) - inedito
Un Michael Jai White in stato di grazia dona nuova linfa al genere recitando in un film con una buona storia e buoni personaggi, e sfoderando un’impressionante abilità marziale. Del film, comunque, si è già parlato in un precedente articolo di questa rubrica.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID