Ora Zero è una storia ambientata in un prossimo futuro, un tempo molto vicino al nostro nel quale sono disponibili tecnologie belliche e informatiche leggermente più avanzate di quelle che siamo abituati a impiegare nella nostra vita “civile” o leggiamo nelle cronache sui giornali. La possibilità che “buoni” e “cattivi” impieghino armi e apparecchiature più sofisticate di quanto sia reperibile sul mercato oggi fa parte di quelle “licenze narrative” tipiche della spy-story e del tecnothriller. Detto ciò ho cercato di mantenermi il più possibile aderente alla realtà, discostandomene solo quando lo ritenevo utile allo svolgimento della vicenda.
È anche logico ipotizzare che non solo in un prossimo futuro ma anche oggi apparati militari e gruppi antiterrorismo (e ovviamente le loro controparti) dispongano di prototipi e strumentazioni di una o due generazioni superiori a quelle disponibili sul mercato. Questo vale per tutta la parte informatica (i messaggi “ombra” e i sistemi di decrittazione, cancellazione e recupero dei messaggi nei computer) quanto per le armi anche se gran parte del materiale bellico impiegato dai nostri protagonisti, da V-90, alla pistola mitragliatrice Kalashnikov, ai gas letali e ai pallet contenenti congegni in grado di scagliare impulsi elettromagnetici provengono da una ricerca accurata nelle riviste di settore.
Anche le tute artiche con i condotti per il gel termico sono una modifica di modelli realmente esistenti.
Tutte le informazioni riguardo alle bombe sporche e alla modificazione genetica di virus come quello della peste polmonare e gli effetti di queste armi di distruzione di massa sono documentati e realistici.
Il vero “salto” tecnologico è rappresentato dal sottomarino USS Megalodonton che è, appunto, un prototipo. Non so se esistano realmente sottomarino con tali capacità, per esigenze narrativo mi sono limitato a creare una classe più avanzata di un sottomarino prodotto in Germania attualmente sottoposto a test, le cui caratteristiche sono sufficientemente spettacolari da consentire un balzo in avanti coerente con la nostra vicenda.
L’U-Boot212A, detto anche sottomarino “invisibile” prodotto dalla HDW tedesca a Kiel è stato nel novembre del 2004 al centro di una complessa vicenda di spionaggio che doveva culminare ( se non fossero intervenute le autorità) con la vendita dei piani di costruzione del vascello alla marina cinese. In effetti il sottomarino invisibile 212A che ha ispirato il mio Megalodonton deve le sue caratteristiche principalmente a un sistema di propulsione elettrico a “fuel cells” che non richiede aria e permette una lunghissima permanenza in immersione, inferiore solo a quella dei sottomarini nucleari. In verità può navigare per 420 miglia senza dover ricaricare le “batterie” lo scafo è poi rivestito di un particolare materiale assorbente che, assieme ai sistemi propulsori silenziosi lo rende praticamente invisibile ai radar. Ha una lunghezza di 56 metri con un dislocamento di 1830 tonnellate per un costo stimato di circa 300 milioni di Euro. In emersione raggiunge una velocità di 12 nodi mentre in immersione(a pieno carico) supera i 20 e qui notiamo la principale differenza con il Megalodonton che, pur con carico ed equipaggio al minimo ha la capacità di superare i 35 nodi, dote condivisa dai sottomarini atomici classe Destiny e Seawolf 668I con i quali condivide un sistema di navigazione e combattimento chiamato BSY-1 che, nel romanzo è stato aggiornato a BSY-3.
Per chi fosse interessato alle caratteristiche del vero sottomarino invisibile questo ha un armamento di 6 tubi lanciasiluri da 533 millimetri (12 siluri) mentre il nostro Megalodonton può contare anche su un sistema di lancio verticale TSV capace di scagliare due missili intercontinentali di tipo Tomahawk. Con un’autonomia di 8000 miglia in immersione in superficie a velocità ridotta l’U212A può ospitare un equipaggio di 27 uomini che, nel romanzo, per ragioni pratiche sono stati ridotti al minimo. Le modifiche apportate al sottomarino invisibile sono la caratteristica più evidente di come, ai fini di raccontare una vicenda, si possa partire da reali attrezzature tecnologiche per arrivare a un risultato verosimile e funzionale allo svolgersi della vicenda.
Per il resto, pur considerando che tecnologia, scienza e ritrovati bellici hanno una loro funzione, Ora Zero è soprattutto una storia di uomini e donne impegnati su vari fronti al massimo delle loro capacità. Era la loro storia, la loro capacità d’inventarsi soluzioni anche nei momenti più disperati che mi interessava trasmettere al lettore.
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