Nella sterminata bibliografia su Alfred Hitchcock si trovano riflessioni acute, pietre miliari dell’analisi filmologica come le annotazioni di Raymond Bellour su Gli uccelli, così come approcci passionali ma non meno fertili tra i quali la celeberrima intervista realizzata da François Truffaut al maestro inglese.
Ma vi si trovano anche testi poco pregnanti, finanche sterili, che se da un lato non aggiungono niente al cinema dell’autore di capolavori come Vertigo o Psycho, dall’altro riescono persino a danneggiare l’opera hitchcockiana riducendola a stereotipo.
Tutto questo per dire che, alla luce di certi studi italiani, assai distanti per lucidità e stile dagli approcci stranieri, Alberto Boschi, docente di cinema presso l’Università di Ferrara, e già autore di una monografia, sempre nella collana Universale Film di Lindau, su Intrigo Internazionale, porta invece a termine un’operazione davvero riuscita.
Il suo studio su Nodo alla gola (Rope), film del 1948 salito alla ribalta per un virtuosistico utilizzo del piano sequenza, riesce a rendere conto della complessità tematica dell’opera, conducendo un’indagine filologica molto coscienziosa, ripescando gli interventi più mirati del dibattito critico e analitico inerente al film, e operandone una sintesi misurata, mai estrema ma nemmeno banale.
Della divisione in tre macro sezioni - La genesi del film e le sue fonti ; I temi ; Lo stile - corredate da trama, antologia critica e una serie di fotografie in b/n che ritraggono i momenti salienti del film, colpisce soprattutto la parte dedicata alle tematiche portate avanti dall’opera.
Perché se, come dicevamo, Rope è una pellicola passata alla storia come "il piano sequenza di 80 minuti", il più lungo mai sviluppato al cinema, e ai lettori truffautiani erano già state diffusamente spiegate le modalità di un simile tournage, minore attenzione è stata tributata ai sottotesti della storia, che, riproposti con dovizia di particolari da Boschi, mostrano invece come Nodo alla gola sia un altro capolavoro di quell’understatement che è parte integrante dell’ironia hitchcockiana, e uno degli elementi più vividi della sua poetica.
Boschi riporta alla luce gli studi di Theodore Price, Hitchcock and Homosexuality : His 50-Years Old Obsession with Jack the Ripper and the Superbitch Prostitute, quelli di Robin Wood in Murderous Gays : Hitchcock’s Homophobia e il saggio di D.A. Miller, dall’inequivocabile titolo Anal Rope.
Rielaborando gli spunti offerti da questi studiosi e proponendo stralci di interviste ai collaboratori del film, tra cui lo sceneggiatore Arthur Laurents, Alberto Boschi riesce a leggere il soggetto di Nodo alla gola, ossia l’omicidio compiuto per diletto da due giovani rampolli dell’America-bene ai danni di un loro ex compagno di college, come metafora di un rapporto omosessuale, testimoniata da una colonna dialoghi tutta giocata sul doppio senso per poter sfuggire alle censure del codice Hays.
Gli interventi a favore di questa interpretazione del film tratto dalla pièce di Patrick Hamilton del 1929, a sua volta ispirata a un fatto di cronaca, sono diversi e tutti di una certa credibilità, a cominciare dal fondamentale libro sul cinema di Hitchcock scritto a quattro mani dagli allora giovani critici Claude Chabrol e Eric Rohmer, che individuano una sorta di trilogia omosessuale avviata col "meticcio" di Murder ! e proseguita con Rope e Strangers on a train (Delitto per delitto), il bellissimo film tratto dal romanzo di Patricia Highsmith.
L’abilità di Boschi sta nel bilanciare questi contributi, nel ridimensionarli quando eccessivi, sottolineando di ognuno pregi e difetti, suggestioni condivisibili e rigettabili, e dimostrando così l’onestà intellettuale del suo lavoro, con il distacco scientifico dell’analista.
La lettura omosessuale è probabilmente la "pista" più interssante e nuova per il lettore italiano, che fuorviato da un doppiaggio fatto di dialoghi interamente ricostruiti, veniva escluso dai giochi di parole e dalle sfumature dell’originale. Più facilmente rintracciabili nel film, ma comunque stimolanti per l’esegesi critica, appaiono invece i riferimenti alla poetica nietzscheiana del Superuomo, che vengono però integrati da quelli meno immediati di L’assassinio come una delle belle arti di Thomas De Quincey e alle figure dandy tratteggiate da Oscar Wilde ne Il ritratto di Dorian Gray.
Ci sentiamo dunque, di fronte a un’analisi sempre puntuale, e allo stesso tempo piacevolmente comunicativa e chiara nello stile, di consigliare caldamente questo testo di Alberto Boschi, una monografia che ha il merito di aprire un film considerato minore nella filmografia di Alfred Hithcock verso scenari interpretativi affascinanti e sinora poco sondati, almeno nella letteratura critica italiana.
La recensione è presente anche su http://www.close-up.it/spip.php?article5510
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