Pisana

L’aria delle quattro e mezza del mattino è tagliente e acre al bar di Peppe, il punto di ritrovo dei camionisti che scaricano l’immondizia di Roma alla discarica di Malagrotta. Si mescola alle esalazioni della raffineria e dell’inceneritore e appena sveglio ti prende alla gola senza mollarti.

Sandro non la disprezzava. Dopo anni ti affezioni agli odori forti, ti temprano e un giorno non puoi farne a meno. Si stropicciò le mani, accese la sigaretta e salì sull’Iveco. Guidava quel camion da sette anni, dodici ore al giorno, cinque giorni alla settimana. Il sabato era di manutenzione. Lo controllava, lubrificava e a volte si viaggiava pure.

Quella mattina era nervoso più del solito. La sera prima il capo lo aveva ripreso per due viaggi non tracciati, come persi nel nulla. Due scarichi di sabbia di fiume che dovevano arrivare a Fiumicino e per i quali il geometra del cantiere aveva chiamato in ufficio, strillando e bestemmiando.

Girò la chiave. L’Iveco si mise in moto subito. Fece un tiro profondo e schiacciò con cattiveria il pedale.

Un uomo venne fuori dal buio agitando le braccia e urlando.

‘Cazzo’. Mormorò. Lo aveva riconosciuto subito. Quasi ne aveva il presentimento.

‘Vai a fare un altro lavoro. Lo stai spaccando questo camion.’

Il capo arrivò davanti alla portiera e sparò un pugno violento che rimbombò sul metallo. ‘Scendi’.

Sandro bestemmiò e spense la sigaretta sul cruscotto. Aprì lo sportello e scese dalla scaletta.

Il capo indietreggiò di un passo. Poi si fece sotto. Erano alti uguale ma Sandro pesava almeno venti chili più di lui.

‘Cosa combini con questo camion. Io te lo faccio ripagare. Sei l’unico stronzo qui che non sa come si accende un camion’.

‘Era in moto da cinque minuti’.

‘Stronzate. Mi prendi per il culo come ieri’,

‘Ancora. Io dei due viaggi di sabbia non so niente. Doveva farli Andrea’.

‘Lascia stare Andrea. Qui sei tu il bugiardo. E mi stai rovinando il camion’.

L’alito del capo lo investiva. Sapeva di vino. L’odore acre della discarica non lo disturbava, ma l’alito di questo stronzo era qualcosa di insopportabile alle quattro del mattino.

Girò la testa di lato per evitarlo.

Il capo lo prese per la spalle e lo sbattè contro lo sportello.

‘E guardami in faccia quando ti parlo. Tu oggi te ne vai a casa’.

‘Si, certo’. Sorrise, si girò di lato e fece un passo per spostarsi. ‘Stronzo’. Sibilò a mezza bocca e con lo sguardo basso.

Il capo fece uno scatto in avanti e lo colpì con un pugno allo stomaco.

Sandro si piegò in due dal dolore. Restò accasciato. L’altro stava sopra di lui e lo fissava. Attese e poi si rialzò di scatto e partì con un destro al mento.

Il capo cadde a terra. L’autista gli fu subito sopra. La rabbia di tutti quegli anni si riversava incontrollabile. Lo colpì più volte, fino a che iniziarono a sanguinargli le mani.

Si fermò. Stordito dall’adrenalina, guardò il corpo immobile del capo. Non capiva bene, ma sapeva che doveva far presto. Tra poco sarebbero arrivati gli altri.

Si guardò intorno. Si alzò e veloce salì sulla cabina dell’Iveco. Azionò i comandi di apertura del cassone. Scese e si caricò sulle spalle il corpo inerme.

Si spostò sul retro e con uno sforzo gettò il corpo nel cassone tra i rifiuti del cantiere: legname, rotoli di linoleum, calcinacci.

Chiuse il cassone e lo agganciò. Si guardò intorno e sospirò. Si accese una sigaretta senza pensarci e salì sulla cabina. Accese il motore e attese qualche decina di secondi.

Sì, sapeva dove andare. Era ancora buio e in cava si sarebbe accostato più che poteva al fronte di scarico. Luigi, il palista, avrebbe coperto subito il carico di rifiuti con il limo. Non si sarebbe accorto di niente.

Domani sarebbe sparito qualche giorno come faceva quando le cose si mettevano male. Quel vecchio ubriacone aveva troppi nemici in quel mondo e difficilmente potevano pensare a lui.

Tirò forte con il fiato e inserì la prima. Tolse il freno a mano, accelerò con calma.

L’Iveco si mosse nell’oscurità. Imboccò via della Muratella, poi svoltò su via della Pisana e scomparve.