Il fuoco non perde mai è il titolo di un racconto action-thriller di Dario Tonani, questo mese in coda al romanzo Balkan bang! di Alberto Custerlina, in edicola per Segretissimo. Vero e proprio corsaro dei generi, Tonani è un autore molto prolifico, la cui produzione annovera diversi racconti (fra gli altri, possiamo ricordare il racconto horror futuribile Necroware, apparso nell’antologia In fondo al nero, curata da Gianfranco Nerozzi per Urania), e due romanzi – usciti sempre sotto l’egida della collana mondadoriana – Infect@L'algoritmo bianco, sospesi tra la fantascienza e il noir.  

Il crossover, la fusione tra generi letterari, è una pratica controversa, sostenuta da uno stuolo di autori e lettori quanto avversata da un folto popolo di detrattori, da individuare soprattutto tra gli appassionati più oltranzisti. Dario Tonani, fresco di pubblicazione di quest’ultima – folle e allo stesso tempo affilata – scheggia contaminata, soddisfa la curiosità di entrambe le fazioni raccontando perché a un autore di fantascienza viene voglia di cimentarsi con l'action thriller e se, una volta tentato l'esperimento, si riesce a tornare indietro: "Perché? P

erché da tempo intingevo le mie storie di SF nel noir come s’inzuppa un croissant nel cappuccino: con Infect@ prima e più ancora con L’algoritmo bianco poi avevo collaudato stilemi ibridi, percorso strade di confine, abbattuto steccati. Per carità, nulla che non fosse già stato fatto prima (vedasi Dick, Jeter, quasi tutto il cyberpunk, ora Richard K. Morgan, Maurice G. Dantec, Michael Marshall Smith, Robert Sawyer, Paul Russo): in fondo è solo la voglia di aggiungere prurito a prurito, di mischiare la passione per il sense of wonder e la speculazione sul futuro a quella per le storie crime&action. Bisogna riconoscere che la fantascienza aiuta, è un’ottima base da cocktail: direi anzi che non c’è genere altrettanto duttile e disposto ai matrimoni misti come la buona SF. L’unico rischio e tutt’al più quello - shackerando i generi - di essere ripetitivi. La lamentazione corrente di molti lettori di fantascienza è quella di ritrovarsi alle prese con la solita megalopoli sotto la pioggia, il classico detective losco e tormentato, la trita e ritra storiella in stile “guardia e ladri”. Tutti elementi che fanno costantemente la gioia di milioni di lettori di noir nel mondo, ma che rapportati alla fantascienza rischiano di generare sospetto, quando non addirittura rigetto. Peccato, aggiungo io, tutta colpa di quel benedettissimo Blade Runner! Mai capolavoro fu tanto ingombrante: ciò che viene dopo deve per forza di cose confrontarsi con l’inarrivabile. Scivolare fuori dagli archetipi fantascientifici allora è una bella tentazione, mettere indietro calendari e orologi equivale a ripararsi nelle rassicuranti retrovie temporali, dove in fin dei conti tutto è lecito e non genera nel lettore né diffidenza né scandalo. Qualche volta si può anche fare! Ed ecco allora la seconda domanda: è reversibile tutto ciò? Altroché, basta dosare diversamente gli ingredienti e tornare a far correre gli orologi. I’m back, future! Dopotutto, che senso hanno le etichette?"

Nessuno. Fuori da ogni retorica, la fusione di registri, scenari e immaginari è una grande opportunità di aumentare il potenziale espressivo e le chiavi interpretative di un testo. Del resto, la letteratura, come la musica, è fatta di canoni: ragionando per canali univoci, i Beatles sarebbero rimasti un gruppo di freaks squattrinati nella loro Liverpool. Il crossover è sterile solo quando diventa, appunto, un’etichetta. Ma questo non è il caso di Il fuoco non perde mai, in cui la fusione avviene tra thriller e un certo folle sense of wonder tipico di autori come Richard Matheson. Anche se Tonani si schermisce, riportando l’esperimento su livelli tutt’altro che pretestuosi e presuntosi: “Ho messo forse un po’ di sense of wonder nel far atterrare un aereo su un’autostrada: un pizzico di cinema, direi, di quel buon sano blockbuster che rende ogni storia un’orgia per gli occhi (e una tomba della verosimiglianza). Ma dovete sapere che vivo a poco più di due chilometri in linea d’aria dalle piste di Linate, e poi gli effetti speciali in genere mi fanno impazzire. Musica e tartagliare d’armi sparate dalle casse idem! Ecco, Il fuoco non perde mai è una storia così, esce dalle pagine urlando, in un diluvio di bossoli e pallottole…”