Malgrado in Italia sia pressoché sconosciuto, il personaggio di Zatoichi ha fama imperitura sin dagli anni Sessanta, quando nacque dalla penna dello scrittore Kan Shimosawa. Una lunga e fortunata serie di film, tutti interpretati dall’attore Shintaro Katsu, rese immortale questo personaggio. Nel 1989 gli Stati Uniti lo reinterpretarono a modo loro: nacque il film “Furia cieca” (Blind Fury) con Rutger Hauer. Nel 2003 il poliedrico regista-attore Takeshi Kitano reinterpretò in un modo tutto suo il mito dello spadaccino cieco e nacque “Zatoichi”, film che per ironia venne presentato in anteprima proprio in Italia, nazione che meno di tutte conosceva il personaggio! (Dopo il successo del film di Kitano, alcuni vecchi titoli sono stati distribuiti dalla Dolmen Video, ma in lingua originale e con sottotitoli in italiano)
Nel 2008 il personaggio viene di nuovo reinterpretato, ma stavolta in modo radicale: diventa infatti... donna! Il film “Ichi”, del quasi esordiente Fumihiko Sori, vede l’attrice-cantante-modella giapponese Haruka Ayase (autentico aidoru, idolo venerato da frotte di fan giapponesi!) come protagonista.
Nel giappone medievale, i ciechi si impiegavano spesso come massaggiatori, venendo chiamanti anma o zato; quelli di rango più elevato prendevano il nome di Ichi. Caso vuole che il nostro personaggio faccia veramente Ichi di nome, presentandosi quindi come Zatoichi, cioè “Ichi il massaggiatore cieco”. Egli è sì cieco, ma ha una incredibile abilità con la spada, che tiene nascosta in un bastone da passeggio. Gira per i paesi proponendosi come massaggiatore, ma alla fine prende le parti dei deboli e indifesi contro i signorotti locali.
Essendo questa una parte che poco si addice ad una versione femminile, nel film di Sori Ichi si trasforma da zato a goze, nome il cui ideogramma significa sia “cieco” che “donna”, e che indica quelle donne cieche che dal XVII secolo ricoprivano la mansione di suonatrici e cantanti ambulanti, spesso organizzate in clan.
La protagonista del film viene scacciata dal proprio clan perché ritenuta colpevole d’essersi unita ad un uomo (pratica vietata alle adepte), vaga in cerca del padre e nel tragitto si imbatterà nel solito villaggio oppresso dai teppisti: la katana che porta celata nel bastone da passeggio le servirà a fare piazza pulita.
Malgrado la trama sia scontata fino all’eccesso, lo stesso rispecchia trama di ogni film originale di Zatoichi (che puntualmente arrivava in un villaggio e uccideva i cattivi di turno): va bene l’omaggio, però forse era lecito aspettarsi qualche guizzo d’originalità in più, come ha fatto Kitano che ha radicalmente reinterpretato il mito.
Gli elementi basilari di Zatoichi (carattere sornione, forte bevitore nonché giocatore d’azzardo incallito) qui vengono tutti aboliti. Ichi, la protagonista, è chiusa in un quasi eterno mutismo e non muove un solo muscolo facciale; non tocca una sola goccia d’alcol ed entra in una sala giochi solo per suggerire le risposte giuste all’amico. Quest’ultimo, poi (interpretato dal bravo Takao Osawa), è una figura che allontana ancora di più il personaggio dai binari, visto che l’originale è nato solitario.
Superata la metà del film, una volta gustata la novità di trovare una gentil donzella in un ruolo storicamente maschile, il film diventa decisamente farraginoso e molto lento. La totale mancanza d’originalità si fa sentire sempre di più, tanto che fino alla fine della pellicola nulla accade che non fosse già stato preventivato dallo spettatore! La totale assenza di espressione dell’attrice, poi, non aiuta affatto: Shintaro Katsu ha interpretato un cieco per più di trent’anni eppure ha sempre avuto grandi doti comunicative e il suo volto è sempre stato espressivo.
In attesa di una auspicabile edizione italiana del film, si consiglia di recuperare “Getting Any?” (Minna-yatteruka!, 1995), delirante opera giovanile di Takeshi Kitano in cui il protagonista riesce ad ottenere una parte in un film di Zatoichi, dando vita ad irresistibili gag sul set dovute all’incapacità di muoversi fingendosi cieco!
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