Se si prende un qualsiasi film di un qualsiasi attore marziale e lo si paragona con un film dello stesso attore a dieci anni di distanza, sicuramente il confronto riuscirà impietoso: nel migliore dei casi, dell’attore sarà rimasto il carisma ma né la prestanza fisica né l’agilità marziale saranno ai livelli del film di dieci anni prima. Sorprendente eccezione è risultata essere quella di Michael Jai White, che il 15 settembre scorso è uscito negli Stati Uniti con un titolo marziale di tutto rispetto, “Blood and Bone”, in cui mostra che in un decennio è riuscito addirittura a migliorare.
Dopo essere divenuto famoso grazie al film televisivo quasi-biografico “Tyson” (1995), in cui interpretava un giovane ed irrequieto Mike Tyson, il newyorkese Michael Jai White (classe 1967) ha interpretato un ottimo “cattivo” nel film “Universal Soldier: il ritorno” (Universal Soldier: The Return, 1999), a fianco di Jean-Claude Van Damme. Sembrava fosse nata una stella, invece dopo “Ferite mortali” (Exit Wounds, 2001), a fianco di Steven Seagal, del White marziale si sono perse le tracce. Addirittura il suo piccolissimo ruolo in “Kill Bill” di Quentin Tarantin è stato cancellato nel montaggio definitivo del film! (La sua scena è comunque presente come contenuto speciale dell’edizione in DVD della pellicola)
Malgrado abbia spesso ricoperto ruoli minori in molti film d’azione (da “Tartarughe Ninja 2” a “Quadrato di sangue”, da “Full Contact” a “Silver Hawk”), con “Blood and Bone” White si impone a dura forza come protagonista, non solo per il film squisitamente di genere, ma per l’immutata agilità marziale che gli permette di dare vita a degli ottimi combattimenti sullo schermo come non se ne vedevano da tempo, coreografato da Fernando Chien ma con il valido e fondamentale supporto di J.J. “Loco” Perry, coreografo e stuntman in miriadi di film d’azione ed arti marziali.
La trama è indiscutibilmente debitrice di “Lionheart - Scommessa vincente” con Jean-Claude Van Damme, film che prese il tema degli incontri clandestini (fra i cui titoli merita una citazione “L’eroe della strada” con Charles Bronson) e lo trasformò in genere marziale preferito nella produzione statunitense dell’epoca: si aprì infatti la strada ad una sfilza di variazioni sul tema, con titoli di grande qualità marziale come “Guerriero senza tempo” (American Samurai, 1992) o “Shootfighter - Fight to the Death” (1992); ma anche a titoli pessimi come “Lame mortali" (Ring of Steel, 1994).
Bone è appena uscito dal carcere e subito pare cercare guai. Entra di forza in un circuito di incontri clandestini, e con la sua grande abilità marziale arriva con facilità ai vertici dell’organizzazione, dove trova James (interpretato dall’attore televisivo Eamonn Walker, famoso per i suoi ruoli in “OZ” e “Justice”). Questi è un boss locale di un certo spessore, e Bone sembra molto interessato a lui e alla sua donna: entrambi infatti, senza saperlo, sono entrati nell’obiettivo dell’ex galeotto, che ha una vendetta da portare fino in fondo e farà di tutto per riuscirci.
Una storia che torna alle origini delle storie marziali molto care alla cinematografia statunitense di genere di inizi anni ’90; una storia classica, sì, ma gradevole e mai noiosa, sebbene la vera forza del film stia nelle scene d’azione.
Il punto forte di Michael Jai White, a parte ovviamente un’impressionante prestanza fisica, è la grande precisione nell’eseguire le tecniche e nel saper dare gran vigore ai colpi sì da farli sembrare delle vere cannonate. L’equilibrio è importantissimo in una sequenza di combattimento: sembra scontato dirlo, ma molte star marziali traballano o addirittura cadono dopo aver eseguito una tecnica (non è il caso di fare nomi, come per sempio Chuck Norris...). White invece non è mai scomposto né perde mai l’equilibrio. Anche nelle tecniche a terra riesce a mantenere un grande stile ed una precisione invidiabile. Lo stesso dicasi per le tecniche in aria, che sorprendono vista la grande mole muscolare dell’attore: eppure con la stessa precisione ed eleganza con cui salta, così ricade, senza sbavature o inestetiche perdite d’equilibrio. Colpi precisi, diretti, senza tentennamenti o esagerate rincorse: stupisce che un atleta abbia potuto conservare una tale precisione nel tempo.
Era infatti il 1999 quando, nei panni del perfido cyborg Seth, sfidava Van Damme in “Universal Soldier: il ritorno” (anche se in un piccolo ruolo appariva già nel precedente “Universal Soldier - I nuovi eroi”), e dove eseguiva alcune tecniche di grande precisione. Il confronto con l’attore belga certo risultava impietoso: le coreografie costrinsero Van Damme, in alcune scene, ad utilizzare addirittura dei cavi (usanza praticamente fissa ad Hong Kong ma molto rara negli USA, a causa anche del maggiore peso fisico degli attori), risultando decisamente più impacciato rispetto all’atletico White. Quest’ultimo, nel combattimento finale, esegue una particolare tecnica di calcio volante che si ritrova identica in “Blood and Bone”, quasi che l’attore volesse mostrare allo spettatore che, malgrado la distanza di dieci anni che separa i due film, lui è sempre in grado di dare spettacolo. La tecnica inizia come un normale calcio volante laterale, ma la gamba destra prima di dare il colpo esegue una rotazione in aria: una rotazione assolutamente inutile, ai fini della marzialità del colpo, ma di grandissimo effetto cinematografico!
A voler trovare un difetto, si potrebbe dire che White è più portato per il combattimento a nemico singolo che per quelli corali: in questi ultimi è importante che l’attore percepisca in ogni istante dove siano tutti gli stuntman da colpire, riuscendo ad avere con loro un ritmo perfetto. Nei combattimenti con più nemici del film White dimostra che ci sarebbe ancora da lavorare, soprattutto sul ritmo (passare cioè da un nemico all’altro con più velocità, per dare l’idea di una vera aggressione), ma nel complesso l’atleta è perfettamente all’altezza di quanto richieda un film di questo genere.
Così come nel 1999, anche in questo 2009 siamo fiduciosi che Michael Jai White possa diventare una star marziale a tutti gli effetti: sebbene infatti abbia partecipato a molti titoli importanti, finora non ha goduto di quella notorietà che avrebbe meritato.
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