25 novembre 2009. C'è un presagio numerico, questa sera. Forse il buio più fondo del solito. Forse una barba di nebbia. A scriverla in cifre, la data suona come: 52-11-32. Potenze quadrate di esponente due.
Manca poco alle 18. Raggiungo via Irnerio e ritrovo il calore dei libri e delle idee. In Libreria Irnerio, Antonella Beccaria e Simona Mammano siedono fra Jadel Andreetto e Sergio Caserta. Come medi proporzionali.
In circolo, attorno a Attentato imminente, l'ultimo saggio a 4 mani da Antonella e Simona, scrittrici e giornaliste che si dedicano a quella pubblicistica che scava, affonda le mani nella zona di penombra che la cronaca e l'informazione sorvolano.
I relatori infrangono il ghiaccio e delineano la storia. Il "prima", quanto ruota attorno, e precede, la strage di Piazza Fontana. Sembra un romanzo d'appendice, esordisce Andreetto: c'è uno sbirro di ferro che si mette a indagare e ostinato, retto, determinato, comincia a scoprire, a mettere ordine un tassello dopo l'altro e a dar forma a un puzzle inquietante, una trama eversiva diffusa a macchia d’olio nella penisola. Troppa efficienza, troppo zelo, troppo intuito, e perciò lo sbirro di ferro diviene scomodo, ingombrante.
Lo "sbirro di ferro" è Pasquale Juliano, commissario di polizia e il capo della squadra mobile di Padova. Egli riesce a individuare un nucleo di estremisti neri che traffica in armi ed esplosivi (siamo nell'estate del 1969). Ma il meccanismo che a Juliano aveva consentito di arrivare sino a quel punto, a un passo da Freda e Ventura, meccanismo basato anche su una buona rete di informatori, gli si ritorce contro. Da inquirente, il poliziotto si ritrova accusato da coloro che egli stesso avevo condotto in carcere. Messo in congedo e poi sospeso dal servizio, Juliano è sottoposto a procedimento penale e assolto con formula piena solo nel 1979. Reintegrato nell'incarico, Juliano si dimette nel 1980 per dedicarsi all'avvocatura, ritornando nel paese d'origine, Matera.
Fra i presenti scivola un brivido, un'emozione intensa, quando Simona ricorda la figura di Juliano, conosciuto come testimone al processo per la strage della Stazione di Bologna del 1980: la voce vibra nel ricordare l'onestà, il grande rispetto per l'autorità giudiziaria che quest'uomo nutriva, a dispetto dei propri trascorsi.
Poi, qualcuno fra i presenti solleva l'ondata di "..e se..". Si sarebbe potuta evitare la strage? Una domanda spontanea per la ricorrenza prossima, il 12-12. 17 morti, 88 feriti. Ancora numeri muti. Senza voce. Senza un perché, senza un colpevole. Tutti assolti. Freda e Ventura riconosciuti responsabili dalla Corte di Cassazione (2005) ma già assolti nei procedimenti a suo tempo celebratisi a loro carico e quindi non più perseguibili. Ai familiari delle vittime non resta che la rassegnazione e la competenza delle spese processuali.
Si è fatto tardi, il tempo è volato. Fuori, è ancora più freddo di prima. Il vero freddo è quello che ognuno si porta dentro, ridestato dal ricordo e dai dubbi.
Grazie a voi, Antonella e Simona, grazie a questo libro durissimo ma appassionante, che si conclude con uno spiraglio di fiducia: l'intenso e affettuoso ricordo di Antonio Juliano, uno dei figli del commissario Juliano. Le sue e le vostre parole hanno rischiarato la notte, ancora una volta per non dimenticare.
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