James Patterson è l’acclamato autore di thriller come Jack & Jill e Il Collezionista (dal quale è stato tratto un film con Morgan Freeman) e il papà letterario dello psicologo cacciatore di serial killer Alex Cross.
Il Club di Mezzanotte è un romanzo di buoni e cattivi.
I cattivi sono quelli del Club di Mezzanotte; un’organizzazione criminale che controlla, per dirla con Don Vito Corleone, tutti i "bisinissi", tutti gli sporchi affari del pianeta. È formata da grossi malavitosi ma soprattutto da politici, finanzieri, militari e imprenditori. A capo di questa multinazionale del crimine c’è Alexandre St. Germain, un uomo dalla doppia vita di affarista e gangster, oltre che psicopatico sanguinario. I buoni sono John Stefanovitch, tenente della polizia di New York, e Sarah McGinnis, coraggiosa scrittrice d’assalto.
I cattivi vuoi o non vuoi la passano sempre liscia e si divertono come matti in mezzo a orge con modelle bellissime e quintali di droga. I buoni hanno le loro sfighe quotidiane: Stefanovitch è stato ridotto sulla sedia a rotelle da St. Germain, il quale ha trucidato a sangue freddo anche sua moglie; la McGinnis è separata e vive la sua giornaliera aridità sentimentale, unica speranza e gioia il piccolo (e conteso dal padre) Sam.
I buoni s’incazzano e scoppia la guerra coi cattivi. Lascio a voi immaginare come va a finire. Nel mezzo c’è il festival dei buoni sentimenti, dei luoghi comuni e delle banalità più bieche tipo "gli uomini duri ma dal cuore tenero".
Tecnicamente non è tutto da buttare, è fedelmente strutturato secondo gli schemi del thriller, ma questo, lo sappiamo bene, non basta a farne un buon libro. Carlo Lucarelli lo dice proprio nell’editoriale che apre l’avventura di Thriller Magazine, dove scrive dell’errore di "pensare che il "giallo" basti a se stesso. Che sia sufficiente scrivere qualcosa con un morto e un detective per fare un romanzo. Che la suspance e il colpo di scena possano rendere accettabile il nulla. O peggio, la brutta scrittura". E la scrittura di questo romanzo non brilla proprio per freschezza e originalità; un esempio su tutti: gli aggettivi sono di una banalità spiazzante e al limite del comico.
In quarta di copertina si legge una citazione del Los Angeles Times: "Veloce, abile, teso... quello che ci si aspetta da un thriller".
Non so voi, ma io da un thriller m’aspetto molto di più.
M’aspetto che dica qualcosa che vada oltre quattro personaggi di cartapesta che giocano agli indiani e ai cowboy correndo sullo stradario di New York.
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