Per questo mese di novembre, il nostro salotto letterario si trasforma e, per l'occorrenza, diventa lo studio psichiatrico della dott.ssa Marcella Malaspina. Per chiacchierare infatti con Marilù Oliva, la nostra autrice esordiente ospite di questo mese, e per approfondire le tematiche trattate nel suo Repetita (libri/8715/) abbiamo ritenuto opportuno rivolgerci a un'esperta della mente umana, che sarà in grado di sviscerare al meglio i punti focali del romanzo. Le lascio perciò subito la parola.
Bene, per prima cosa grazie Marilù per essersi prestata a questa iniziativa. Procederemo a una seduta psicanalitica, che vorrei lei prendesse come una semplice chiacchierata. Per prima cosa spero che non la disturbi il fatto di conoscermi.
Anzi, mi piacerebbe conoscerla meglio. Son quasi sicura che andremmo d'accordo.
Cerchiamo di fare un percorso regressivo che proceda per passi. Per prima cosa che significato dà lei alla parola "repetita"? E perché l’ha scelta come titolo?
Repetita è un participio passato latino e significa, alla lettera: le cose ripetute. L'ho scelto come titolo perché il protagonista, Lorenzo Cerè, è anche un appassionato di storia ed è giunto alla tesi che la storia si ripeta. Per lui la parola Repetita è sinonimo di storia, intesa nella sua accezione più negativa ovvero una successione di epoche caratterizzate dalla ripetizione di soprusi, ingiustizie, meschinità.
Mi parli in breve di Repetita.
Un viaggio nella follia, una discesa ripidissima nelle profondità della psicosi.
Scelga tre aggettivi per descriverlo.
Riprendo i tre aggettivi scelti dalla casa editrice Perdisa Pop, perché mi piacciono tantissimo e mi fanno gongolare quando li rileggo: un romanzo raffinato, scioccante, impietoso.
E ora scelga tre immagini significative del romanzo.
Il romanzo è alternato dal tempo della narrazione a flashback in cui Lorenzo Cerè racconta la sua infanzia. Partiamo dal passato, quando Lorenzo aveva sei anni suo padre era morto e la sua vita era stata spodestata da un intruso, un patrigno terribile che lo sottoponeva a violenze fisiche e psicologiche. La prima immagine è quindi il patrigno con la cinghia in mano. La seconda immagine è riferita al tempo della storia: Lorenzo adulto, ovvero un carnefice crudele che con la sua vittima sta per compiere il rituale omicida. L'ultima immagine è ancora quella di Lorenzo. Questa volta è seduto in uno studio psichiatrico e viene osservato con dolcezza e attenzione da una dottoressa molto competente. Proprio come sta facendo lei, ora...
Il protagonista di questa storia è Lorenzo Cerè, che peraltro conosco bene, mi parli di lui.
Lorenzo Cerè è innazitutto una persona sofferente, sociopatica, isolata. Si differenzia dalla maggior parte degli altri killer per il suo livello culturale e per la consapevolezza. É anche uno studioso di storia e la riutilizza come giustificazione e come strumento dei suoi omicidi. Nello stesso tempo rivolge anche contro di sé la sua analisi impietosa sulle vicende umane, col risultato di osservarsi lucidamente in tutta la sua follia.
In che rapporti è con quest'uomo?
Il rapporto è molto conflittuale. Mi spaventa, mi inquieta, non vorrei mai che esistessero persone come lui. Ma nello stesso tempo vorrei salvarlo, dargli una possibilità, mi ci sono affezionata come quasi sempre accade tra autore e creatura letteraria.
Dalle sue parole dà l'impressione, in un certo senso, di trovare una giustificazione agli atti di Cerè…
Cara dottoressa, mi fa molto piacere che lei mi abbia rivolto questa domanda perché mi dà l'opportunità di definire bene il confine tra collegamento e giustificazione. Io non giustifico Lorenzo, penso che abbia commesso delle azioni terribili che vanno al di là delle leggi umane. Quello che mi interessa è approfondire il discorso intorno alle origini dei disturbi. La conclusione cui sono giunta è quella della consequenzialità del male: lui è malvagio perché la violenza è l'unico linguaggio che hanno usato con lui e dunque l'unico che a sua volta sa utilizzare (non ho inventato nulla, è un po' il discorso di Verga in Rosso Malpelo, ho semplicemente tentato di riattualizzarlo.) Dal punto di vista letterario capisco la funzionalità del male rispetto al conflitto ma nella realtà penso che questi individui non solo non siano giustificabili ma purtroppo (a questi livelli) nemmeno recuperabili.
C'è in Lorenzo qualcosa che trova anche in se stessa?
Dottoressa, ma mi fa le domande trabocchetto? Sta insinuando che si annida un po' di follia anche nei recessi della mia mente? A parte le battute, nel mio romanzo non c'è corrispondenza autobiografica tra protagonista e autore, per fortuna! Lorenzo Cerè è un personaggio totalmente inventato sulla base di biografie di serial killer realmente esistiti, come dire: un collage di vite reali ricostruito con fantasia. Le uniche due cose che abbiamo in comune sono l'amore per la storia e il problema del mal di testa (per fortuna le mie emicranie sono molto meno frequenti e meno devastanti delle sue!)
Ora cerchiamo di fare un passo indietro. Provi a pensare alla prima volta in cui ha sentito il desiderio di scrivere.
Per rispondere a questa domanda devo rivelarle che il primissimo desiderio non è stato scrivere, ma disegnare. Non ricordo più quanti anni avevo, so solo che erano davvero pochi. Disegnavo ovunque e compulsivamente e oggi posso ammettere, senza falsa modestia, che non ero malaccio come disegnatrice. Durante il liceo ho poi dirottato questa propensione verso la scrittura.
Nello specifico, invece, quando ha maturato l'idea per questa storia?
Nei due anni precedenti alla pubblicazione, anni in cui ho letto e approfondito saggi di criminologia seriale, con particolare attenzione alle casistiche statunitensi e italiane. Devo ammettere che l'impatto con questo genere di saggistica è stato scioccante perché sono entrata in stretto contatto con una realtà dura, altamente violenta. Leggevo storie orrende, visitavo virtualmente scene del crimine spaventose. Dottoressa, in quel periodo facevo spesso degli incubi terrificanti... significa qualcosa??!
Glielo saprò dire solo al termine della nostra seduta. Mi dica, piuttosto, come è arrivata alla pubblicazione?
Ho spedito il manoscritto a Luigi Bernardi che già avevo letto (cito Il male stanco perché è uno dei miei saggi preferiti) e avevo conosciuto alle presentazioni. Dal momento che Bernardi è direttore editoriale ma è anche autore di libri e sceneggiatore di fumetti, non riesce a leggere tutti i manoscritti da cui viene bombardato quindi, prima di leggere il mio, l'ha sottoposto a Paolacci che, di fatto, ha formulato il primo "sì". Dopo un anno di attesa e trepidazione, Bernardi mi ha inviato una delle sue e-mail concise e precise, in cui mi dava la bella notizia. Devo ammettere che quello è stato uno dei giorni più emozionanti della mia vita.
Che effetto le fa vedere il suo lavoro sugli scaffali delle librerie?
Un effetto chetaminico. Le giuro, dottoressa, che però non ho mai provato la chetamina, non sopporto perdere il controllo quindi ho il terrore delle droghe!
Si ritiene, raggiunto questo traguardo, una scrittrice?
Ne parlavo un po' di tempo fa con l'amico Giancarlo Narciso e, dal momento che lui è molto bravo a sviscerare le questioni, gli chiedevo: "Jack, cosa rende uno scrittore tale?" Lui parlava di dedizione, di tempo dedicato alla scrittura, unito a una certa qualità della stessa. Non siamo arrivati a una definizione conclusiva (è normale, poi, il bello dei nostri dibattiti è che io e lui non siamo quasi mai d'accordo!), io penso che in un autore con la A maiuscola si possano ritrovare alcuni punti fermi: la scrittura come punto centrale della sua esistenza, una certa qualità e peculiarità della scrittura e una produzione non irrilevante. Proprio per un discorso quantitativo, per il momento, io non mi sento di definirmi una scrittrice, ma preferisco utilizzare l'espressione "una che scrive".
Se potesse tornare indietro, cambierebbe qualcosa nel suo romanzo?
Cambierei forse qualche dettaglio, ma non son sicura. Di certo ascolterei con interesse i consigli che mi ha promesso una bravissima scrittrice, che si è già espressa molto positivamente sul romanzo.
Facendo, invece, un balzo in avanti, che cosa vede?
Non mi piace guardare il futuro. E la prego, dottoressa, non cerchi in questo motivazioni psicanalitiche. Il fatto è che questo presente è così bello e intenso che vorrei restarci per sempre...
Bene siamo ormai alla fine della nostra seduta, le sottopongo un ultimo test. Le mostrerò ora alcune immagini, deve dirmi d'istinto cosa le viene in mente. Foto numero 1
Fobia, follia, fallacia. Dottoressa, ha notato che tutte le parole cominciano con la lettera F??
Foto numero 2
Grande casa sulla collina, Bernardi, Paolacci, babelini, walkie talkie
Foto numero 3
Libri, scrittori, interviste, amici, confusione, profumo di carta, profumo di buono
Foto numero 4
Anche qui profumo di buono. Poi vedo torri di libri, mondo di carta, immaginazione pura. Oddio, dottoressa, scorgo in bellavista il libro di una soubrette: orrore!!!
Bene abbiamo finito. Marilù lei è stata una paziente esemplare, le faremo avere al più presto i risultati del test a cui si è sottoposta.
Grazie, dottoressa. Ma nel caso riscontrasse qualche patologia grave, la prego, non me lo comunichi: sono insofferente alle terapie!
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