Stefano Di Marino, oltre ad essere uno scrittore assai produttivo sia qualitativamente che quantitativamente, uno di quelli che si cimentano egregiamente in diversi generi senza mai essere abbandonati dalla passione, ha curato l’antologia speciale Il mio vizio è una stanza chiusa. Speciale perché è un Supergiallo Mondadori che racchiude otto racconti lunghi, o miniromanzi, scritti da otto autori significativi nel panorama di genere italiano (per comodità di classificazione si dovrà qui parlare di generi, anche se alcuni autori potrebbero rabbrividire leggendo questa parola, dimentichi forse della naturale propensione dell’uomo a catalogare lo scibile). Il titolo “Il mio vizio è una stanza chiusa” rimanda a film di Sergio Martino (‘Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave’ frase che ritroviamo anche in un altro film dello stesso autore: ‘Lo strano vizio della signora Ward’) ma anche al vizio inguaribile dello scrittore, che lo spinge a isolarsi con i ricordi delle sue pellicole, i suoi archetipi, la sua creatività.
Di Marino ha completato la raccolta con un excursus di sana e interessantissima critica cinematografica (pag. 95), dimostrando di essere un cultore del cinema italiano, nello specifico di quel filone che, per esteso, viene definito giallo e lo stesso Di Marino ci spiega in che accezione: «Il termine ‘ Italian Giallo’ l’ho trovato su riviste, raccolte di VHS e DVD, saggi critici un po’ dovunque all’estero. Indica tutta quella produzione cinematografica fiorente intorno agli anni 60/70/80 che, emblematicamente ma non esclusivamente, si lega al nome di Dario Argento. Per noi è sempre stato il ‘thrilling’, curiosa ma non incomprensibile storpiatura dell’inglese che trasformò ‘thriller’ (sostantivo) in un’allocuzione (in origine aggettivo) che indicava una storia in cui il mystery si mescolava all’orrore in un’atmosfera di sospetto, seduzione, con contorni vagamente malati, figlia di diverse influenze ma unica nel suo genere. La critica snob usava thrilling come Peplum, Spaghetti-Western e Poliziottesco per mettere etichette dispregiative per un prodotto nostrano visto come una semplice imitazione di ben più degne pellicole straniere. Come vedete non è cambiato molto tra cinema ed editoria siamo... nel Belpaese.... Facevano, questi signori che ancora oggi ci affliggono sia nel cinema che nell’editoria con i loro giudizi ignoranti e le loro scelte fatte con i paraocchi, di tutte le erbe un fascio, accomunando prodotti di varia ispirazione, capolavori e opere raffazzonate, geniali e semplicemente imitative. Il pubblico, per comodità, adottò l’etichetta e, dopo anni, ci può anche piacere.»
Questo Supergiallo è la trasposizione antologica del suddetto filone, otto piccoli gioielli, da cui la scelta della formula racconto lungo (Danilo Arona con Stirpe, Barbara Baraldi con La casa dagli specchi rotti, Daniela Basilico con Presenza sconosciuta, Andrea Carlo Cappi con Liquido Caldo, Andrea G. Colombo con Boxed, Patrick Fogli con La forma del mio cuore, Claudia Salvatori con Le meraviglie del liceo femminile e Alda Teodorani con Il Sangue dell’ anima). Otto narrazioni in chiave filmica, grandi brividi e forti emozioni sia per chi vuole rievocare i momenti di suspense del cinema che conosce, sia per chi quel cinema non l’ha mai visto: un’ottima occasione per recuperare il tempo perduto!
(Marilù Oliva)
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Il Booktrailer
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Non prendete questo vizio…
Nella Introduzione Stefano Di Marino lo dichiara apertamente “Questa antologia nasce con l’intento di rinnovare una tradizione thriller italiana, quella sviluppata tra gli anni ’60 e ’80 ma non esaurita in tale ventennio. E’ mia opinione che le vere radici del thriller anche letterario di questi ultimi anni risiedano nella cinematografia più che nella letteratura”. E dunque Il mio vizio è una stanza chiusa di A.A.V.V., Mondadori 2009, curata da Stefano con: Arona, Baraldi, Basilico, Cappi, Colombo, Di Marino, Fogli, Salvatori, Teodorani.
Letteratura e film mischiati insieme a costituire una miscela esplosiva. Con Bava, Questi, Lenzi, Fulci, Martino, Argento e via di seguito ed i nostri moschettieri a tirar di scherma sulla carta, prendendo spunto da certi capolavori che mi hanno riportato di colpo alla mia non-beata gioventù (mai una lira in tasca!). Esaminare i racconti uno per uno non mi sembra il caso. Mi verrebbe fuori un elenco sciapito che non sa di nulla. E poi sono del Toro e dunque soggiogato dalla pigrizia. Preferisco un discorso in generale schietto e sincero infiocchettato con i miei limiti di lettore. Che sono poi quelli di una lettura moderatamente forte e raziocinante.
Ma quando si va giù nel fondo, giù nell’abisso dell’animo umano c’è poco da moderare e raziocinare. E qui ci si va, eccome. Il sogno, la paura, l’allucinazione, l’ossessione, la pazzia sono gli ingredienti necessari e insostituibili per dare vita a storie che ci prendono e ci sbattono al muro. Insieme alle violenze fatte e subite, al passato che riemerge terribile nel presente, al senso smarrito di solitudine, al lavorio sordo della gelosia e al grido lacerante della vendetta. O alla semplice imitazione di fotogrammi già visti. E sesso e morte. E sesso e morte. E sesso e morte. Non manca, il dubbio, il rovello, la scintilla improvvisa, la scoperta della verità, lo scontro finale. Ombre, fantasmi che lievitano nel buio, passi che rincorrono, corpi che volano dall’alto, la lama che brilla, lo sparo che acceca.
E fra tutto questo odio, fra tutto questo macello di sangue e sperma c’è pure lo spazio per qualche riflessione, sulla donna e sull’uomo, sul mondo che ci circonda. C’è qualche piccolo spazio per qualche lacrima. E, se non sbaglio, anche per un pizzico di ironia.
Potenza creativa unita alla tecnica. Tecnica speciale, tecnica al massimo livello, con ritmo spesso singhiozzante, la frase piccola e veloce, la frase in corsivo, l’illuminazione del flash back che colpisce gli occhi e la mente. Magari ripetitiva in certi racconti e anche un poco iperbolica, così come qualche spunto tematico. Ma nessuno è perfetto come diceva quel tizio di quel film. Buono-Ottimo.
(Fabio Lotti)
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