La piena del torrente ha trascinato il cadavere di un uomo sotto le arcate del Ponte di Mezzo, il più antico di Parma. La corrente l’ha portato in città da territori isolati dell’Appennino dove Soneri finisce a indagare per risolvere il caso: «Il commissario ricordava Monteripa come una sorta di avamposto prima del crinale, proprio sotto la chiostra grigia e aspra dell’Appennino. Ma era lì che lo portava l’indagine perché da lì partiva l’acqua che passava sotto i ponti di Parma». Da qui parte Valerio Varesi, quindi, per raccontare il suo settimo romanzo, Il commissario Soneri e la mano di Dio, ambientato in terre inospitali, tra locali poco inclini alla socievolezza, paesaggi impervi alternati a valli e faggeti, passi percorsi in passato da mercanti e pellegrini e ora battuti da ambulanti extracomunitari e trafficanti. «É un luogo glocal» ha precisato lo scrittore «dove la modernità e la tradizione si sovrappongono senza che l’una sia solubile nell’altra. Il risultato è una miscela eterogenea e stridente.»
Come già nelle altre opere, il lettore è conquistato dalla sapiente architettura dell’indagine e dallo stile sicuro, scorrevole e piacevole. Varesi sa sorprendere con le sue descrizioni fotografiche: ci si immagina il gesto, lo scatto, lo sguardo, lo scorcio panoramico, una presa visione con l'immediatezza di un'istantanea.
Ci si affezione poi al personaggio di Soneri per la sua verosimiglianza e la sua eccezionalità, Soneri è un uomo con debolezze e virtù, fotografato col sigaro o al telefono con Angela o in una trattoria ad omaggiare la sua indole di buongustaio, commissario schivo, di temperamento randagio, poco ossequioso ma educato, scruta la realtà con l’attenzione di chi non si ferma in superficie.
E prima di concludere la recensione invitando tutti alla lettura, concludo ponendo l’accento su Don Pino, magrissimo, gesti saettanti, un prete che ha fatto i conti con la sua fede e li ha pareggiati nella sua maniera particolare, così infatti ne parla Varesi: «É un prete che vive un cristianesimo radicale e cerca di avvicinarsi alla figura di Gesù con la dolorosa consapevolezza di non essere capito da una comunità ormai scristianizzata. Ma Cristo è una figura eversiva e rivoluzionaria, l’esatto contrario della mentalità imperante e l’impatto è violento.»
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