Non è la prima volta che in questa rubrica sul noir parliamo di un autore e di un romanzo che in qualche modo si discosta dai miei soliti ‘format’. Alessandro Berselli lo conosco da un paio d’anni. Ci siamo conosciuti a Parma, alla presentazione di un amico, davanti a una tavola imbandita e abbiamo subito familiarizzato. Amico quindi. Poi il suo ‘Io non sono come voi’ già dal titolo mi aveva insinuato l’idea che, benché trattiamo temi e storie differenti, qualche affinità creativa l’abbiamo. Impressione confermata con questo piccolo ma intenso racconto in forma di diario. Cattivo potrebbe essere il diario di Pietrafredda era ragazzo, chissà? Ma chi è veramente cattivo? Quello che non si adatta alle norme che gli vengono imposte da tutta una legione di scassamaroni che ti vogliono esattamente come loro? La chitarra è il mitra del protagonista e le sue avventure sentimentali, le aspirazioni artistiche, la ‘rivoluzione’ personale e anarchica contro il mondo della scuola e della famiglia sono semplicemente un altro modo di raccontare un disagio,una ribellione che molto volte sento come base dei miei racconti. E, a guardarci bene, un filo lo trovo e molto evidente tra il lavoro di Alessandro e il mio. Il mondo che lo circonda è irto di stimoli insopportabili. Così finisce che uno che ha il DNA di quello che non sopporta, prima o poi esplode e... ti scatena una guerra che nessuno immagina. E neanche puoi dargli torto. Sarebbe come dire che il Parker di “Anonima Omicidi” è cattivo. Appunto...

Ma è venuto il momento di lasciare a lui la parola per parlarci un po’ di sé e del suo romanzo breve. Però lasciatemi citare un piccolo brano che è quello che più mi ha colpito di tutto il romanzo.

“Non voglio fare quello che voi volete/ non sono qui per obbedire ai tuoi comandi/ non ho rispetto per ciò che non mi piace/ non ho pietà per chi non è mio amico”.

Non è nero questo?

La parola ad Alessandro.

CATTIVO è un romanzo strano.

Innanzitutto è breve, ma questo per me non è una novità.

Credo fermamente a quello che scrisse Carver, citando Gardner: "Se si può dire in quindici parole invece che in venti o trenta, allora dillo in quindici parole".

E aggiungo anche una frase di Wittgenstein: "Se una cosa può essere detta con parole, allora può anche essere detta con parole semplici".

Brevità e semplicità.

Odio le zavorre, le cose che non servono.

Quindi mi è stato facile cavarmela in 128 pagine.

Ho tolto tutto quello che non serviva, e quello che è restato è, per l'appunto CATTIVO.

Un romanzo di formazione declinato in versione noir.

Una storia di adolescenza contro, di un cattivo autentico, di uno che mimetizza una totale eversione contro tutto e tutti dietro la maschera di un normale disagio.

Apparentemente Luca Parmeggiani sembra uno come tanti: contesta la famiglia, la scuola, la società.

Suona heavy metal e se ne frega di qualsiasi cosa.

Ma Luca Parmeggiani non è così. O perlomeno: non è solo così.

Luca Parmeggiani è uno che semina il panico.

E' uno che pratica la violenza fino a quando, inaspettatamente, ma neanche più di tanto, arriva a uccidere.

Omicidio casuale, o forse no, perché quando l'inquietudine ti monta dentro è naturale che poi imploda.

E si arrivi alla tragedia.

CATTIVO però non parla solo di violenza.

Parla di emozioni, di amori, di bisogno di normalità che si contrappone al rifiuto all'omologazione.

Parla della non voglia di diventare grandi.

I miei temi ci sono tutti: la vita vista come un gioco di ruolo di cui non capiamo le regole, l'insoddisfazione esistenziale, la paura di crescere.

Solo che stavolta ho voluto prendere un personaggio giovane, ancora da formare.

Perché così il male lo si coglie all'origine.

E lo scrittore si diverte di più.