Basato su un’antica leggenda coreana, Two Sisters è l’opera più recente di Kim Jee-Woon, autore interessato sia alle suggestioni nere che all’horror puro. In effetti, Two Sisters viene universalmente presentato come un film dell’orrore - lo stesso trailer accenna vagamente a fantasmi e presenze oscure che albergherebbero nella casa di due sorelle da più di 700 anni. In realtà, dietro la patina di minacce soprannaturali che sembra aleggiare sulle immagini, si nasconde un enigma da risolvere. Two Sisters è a tutti gli effetti strutturato come un vero e proprio mistero a incastro, con rivelazioni shock e sovrapposizioni tra vari livelli spazio-temporali.
“Pensato” in flashback nella mente di una delle due sorelle, in cura presso una clinica, il film narra la storia di Soo-Yeong e Soo-Mi, due bambine intrappolate tra il ricordo della madre morta, il silenzio di un padre emotivamente assente e le torture - psicologiche, ma forse anche fisiche - della giovane matrigna. Concepita come riflesso dei pensieri traumatici della protagonista, la storia trova il proprio perno fondamentale nel non detto, lasciando riaffiorare la verità e le sue conseguenze lentamente, con un ritmo allo stesso tempo allucinato e sognante e con un’attenzione per i particolari - compresi quelli paesaggistici - che lasciano più volte trasparire il senso del termine “bellezza”, utilizzato costantemente dal regista per descrivere questa sua opera.
La struttura a rivelazioni fulminee e progressive può ricordare quella di The Others, ma se in quel caso la vicenda veniva resa filmicamente dal regista spagnolo in un freddo esercizio di stile (benché in una confezione impeccabile), in questo caso il coreano Kim costruisce in Two Sisters un perfetto studio sul meccanismo dello sdoppiamento e della latente schizofrenia, esplorando i recessi della mente infantile/adolescenziale con tocco mai invadente, evitando accuratamente i classici colpi bassi a effetto, viceversa sforzandosi in maniera autentica di avvicinarsi all’universo candido e nello stesso tempo oscuro di una bambina cresciuta forse troppo in fretta. La suspence e la paura sono segnalate in maniera non banale in primo luogo dagli sguardi e dall’ovale dei volti - vere e proprie maschere di terrore, dolore e angoscia - dal silenzio, ma soprattutto dai capelli che fungono da sipario tremolante, nascondendo il rimosso per spalancarne le crepe più deliranti e oscure all’improvviso, simili allo scricchiolare strisciante del pavimento o al sibilo ossessivo delle porte.
Particolare a mio avviso non secondario, Two Sisters è anche un film tutto al femminile (la figura del padre è infatti del tutto marginale), basato sull’incontro/scontro fra ruoli e personalità diverse - figlia, madre, sorella - risucchiate in una spirale di rimorsi e pulsioni violente. Da segnalare a questo proposito l’acuta e complessa rappresentazione onirica del ciclo mestruale, elemento allo stesso tempo rituale e “orrorifico”, solitamente evitato nel cinema occidentale, se non nell’esibizione grandguignolesca (e misogina) del sangue come marca del femminile-mostruoso (come avviene a esempio in un film come Carrie). In Two Sisters, invece, la visione del sé-femminile, segnalata dal ciclo mestruale, è resa in modo più sottile e meno violento, e per questo più efficace.
Deludenti, purtroppo, i contenuti extra (per lo più privi di sottotitoli), con dichiarazioni autoriali e attoriali che poco aggiungono allo splendore del film.
Extra
Dietro le quinte; Interviste; Prove; Fotografando Two Sisters; Il look delle due sorelle; Trailer Originale; Trailer Italiano
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