Se questo Il cattivo tenente - Ultima chiamata New Orleans di Werner Herzog sia o meno un remake de Il cattivo tenente diretto nel 1992 da Abel Ferrara, è questione che può essere anche tralasciata (comunque si hanno buoni motivi per ritenere di sì anche se Herzog ha dichiarato di non aver mai visto il film di Ferrara…).
Di sicuro, e più interessante, è ciò che rappresenta, ossia una ricognizione di un genere, nella fattispecie il noir, da parte di uno dei più importanti registi (insieme al conterraneo Wenders…) della nouvelle vague tedesca che vide la luce nei lontani anni ‘70 con titoli, per rimanere ad Herzog, come Fitzcarraldo, L’enigma di Kaspar Hauser, Aguirre, furore di Dio, Anche i nani hanno cominciato da piccoli, Cuore di vetro (girato, secondo la leggenda, interamente con attori ipnotizzati…).
Autore temprato Herzog, famoso per osare là dove pochi altri registi hanno osato giungere, autore di un cinema rigorosamente fisico ma anche stracolmo di temi “pesanti”, uno su tutti: quello della rivoluzioni fallite, delle imprese destinate all’insuccesso.
È per ciò che questa sua ricognizione non può passare inosservata…
La storia: Terence McDonagh (Nicolas Cage), tenente della Squadra Omicidi del Dipartimento di Polizia di New Orleans tenta in qualche modo di conciliare la dipendenza da antidolorifici e da cocaina, sviluppata a seguito di un incidente alla schiena, con il suo ruolo di tutore dell’ordine. Chiamato ad indagare sul massacro di una famiglia di immigrati africani da parte di uno spacciatore, si troverà a dover proteggere un testimone chiave del massacro e Frankie (Eva Mendes), la sua ragazza di mestiere prostituta.
Se l’inizio, col salvataggio di un detenuto sullo sfondo New Orleans devastata da Katrina, è promettente, la continuazione al contrario non è mai all’altezza. Il problema è che la figura del tenente poli-tossico cui dà vita Nicolas Cage, postura sghemba e malefatte a non finire, è esagerata senza essere convincente e fin troppo sopra le righe per amalgamarsi in pieno con il resto della storia, storia che per certi versi somiglia molto da vicino quella già immortalata da Orson Welles ne L’infernale Quinlan, con la fabbricazione di prove false pur di incastrare un colpevole (vero).
L’andamento dal film, la recitazione di Cage, la traiettoria del suo personaggio, tutto risulta molto lontano dalla doverosa e immancabile discesa agli inferi dove la perdizione è sempre ad un passo e la salvezza a mille. Sembra più un continuo rimbalzo tra sentito omaggio ad un genere (il noir) e uno sberleffo, gioco che alla lunga nuoce non poco al film.
A rimanere forse sarà l’uso che Herzog fa dei rettili sotto forma di alligatori e varani, compagni animali delle allucinazioni del cattivo tenente. Quando non finiscono sotto le ruote di un auto, assistono impassibili alle malefatte umane…
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