Una pelle bellissima, appena uscito per Fernandel è il romanzo d’esordio di Laura Bottazzi, un romanzo con porte aperte su tematiche attualissime: il mistero del fascino di un secondo corpo in una seconda dimensione, la calamitazione dei sogni accessibili, lo sdoppiamento come risposta alla monotonia. In primo piano, una generazione di giovani autoreferenziali la cui più grande paura, per ciascuno, è sembrare “sfigato” agli occhi dei coetanei, ragazze –perché il punto di vista è al femminile– figlie di questi tempi, in parte superficiali, dedite alla bellezza con l’ossessione di chi è cresciuto bombardato dall’immagine. Proprio l’immagine è il leit-motiv della narrazione, sia che si tratti di Stella che di Adhara. La seconda specchio virtuale della prima, alter ego immaginifico dalla bellezza stratosferica e surreale, protagonista di una vita parallela che riscatta Stella dalla piattezza del mondo quotidiano. É l’universo virtuale di Second Life, trampolino di lancio verso un’esistenza che pare intrigante, palpitante, sensuale, e, per assurdo, densa di quei significati e di quelle possibilità così sfuggenti nella realtà. Qui, nella finzione, ognuno ha l’aspetto che si sceglie, perfino i nomi sono suggestivi. Qui si può osare, spingersi oltre l’immaginabile, come chiarisce Samael: «Io credo sia straordinario poter vivere esperienze che nella vita normale non si farebbero mai... e tutto questo con il lusso di non correre alcun rischio! [...] Voglio dire, Second Life ti permette di fare tutto, di essere tutto! Cosa te ne fai di una seconda vita se poi ti comporti come nella vita reale?» (p.100)
Poi il computer si spegne e Stella deve tornare coi piedi per terra. A malincuore, insieme al lettore, anche lui dispiaciuto per la pausa. Stella deve anche confrontarsi con una famiglia che le pare obbrobriosa, ma che in realtà rasenta lo standard dei rapporti parentali ad oggi: incomunicabilità, fretta, geometrie egoistiche.
Questa giovane autrice nata a Valdagno (VI), e già apparsa con racconti sul web e in alcune riviste, scrive con una freschezza e un’immediatezza di linguaggio che vogliono ricalcare – soprattutto nei dialoghi – il parlato adolescenziale. Ci riesce, il lettore si butta in picchiata nel cosmo di questi piccoli adulti, prende le distanze ma affonda nel loro punto di vista, l’azione rimane solo a livello virtuale e, anche quando si compie, resta come sospesa tra sogno, desiderio e aspettativa. Provocazioni che sortiscono l’effetto di incuriosire e di seguire la scansione alternata, in un tempo ritmato tra realtà e inventiva.
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