Concludiamo questo excursus nel mondo della notte (e dei vampiri) con un intervento di Cristiana Astori una voce originale, intrigante, sottilmente inebriante come un veleno che già conosciamo per Il re dei topi e molti altri racconti. La sua ultima fatica, guarda caso vampiresca) nell’antologia La sete edita da Coniglio editore Tu mi fai sangue un’avventura del suo personaggio cult Axl Reverte.
Cristiana Astori: Il vampiro è diventato di moda, non si può negare. Eppure, proprio il dilagare di questa moda ha dato origine a un fenomeno paradossale e inquietante: la gente ha dimenticato quel che i vampiri sono davvero. Crede di conoscerli e di amarli, a volte persino di emularli, perché guarda ai magnifici costumi ottocenteschi, all'aspetto sensuale, alla loro vita dandy e dissoluta. Ma non si accorge che sta guardando a una maschera.
In realtà il vampiro è soltanto un bastardo succhiasangue. Tutto il resto è contorno.
Per questo i romanzi che narrano di annacquati flirt tra teen ager dai canini appuntiti o di barocchi e tormentati vampiri settecenteschi non rendono giustizia alla vera natura di questo mostro.
Ma, per fortuna, esiste il noir. Il vampiro è un bastardo e il noir è per definizione il genere in cui si narra di bastardi. Qui l'assassino si confonde con la vittima, il poliziotto con l'assassino, l'amore con la morte, la giustizia con la corruzione. Tutto è ambiguo. Tutto è marcio. Ed è qui, in questa dimensione immorale e mutaforme, che alligna il vero vampiro.
Un misto di Chanel n. 5 & macelleria: è il profumo che porta Risa, la protagonista di Bite Club di Howard Chaykin, e che descrive bene l'essenza di questo mostro, a differenza di molti racconti attuali che si concentrano sullo Chanel e trasformano la macelleria in sangue sintetico.
Il noir, invece, vive nella linea d'ombra, nei territori di confine. Si pensi a Wampyr di George Romero, la storia di Martin, un ragazzo adottato dall'anziano e bigotto cugino e da lui sospettato di essere un vampiro. Lo spettatore non riesce ad afferrare la vera natura del ragazzo, se si tratti di un vero mostro o semplicemente di un serial killer, ma con il procedere del film la prospettiva si distorce, il male si amplifica e avvolge gli abitanti borghesi dell'assolato paese, una Twin Peaks ante litteram in cui il crudele Martin assurge da assassino a vittima in uno spiazzante alternarsi di ruoli.
“E' una maschera, non lo vedi?” dice il ragazzo sputando via i canini finti davanti all'anziano cugino bramoso di ucciderlo. Ancora una volta, come in ogni noir che si rispetti, non si sa chi sono i cattivi. Come nota Romero per bocca di un personaggio del film, la gente è convinta di sapere tutto e questo rende il compito più facile a tutti, specie ai demoni.
Anche Ferrara in The Addiction ha colto un altro importante aspetto del vampiro, che è la dipendenza. Infatti, egli è un nulla. Gli specchi non lo riflettono e il sangue di cui si nutre non è il suo. Senza l'uomo sarebbe già morto e dissolto. Ma paradossalmente è proprio l'uomo a tenerlo in vita, perché ne è pericolosamente attratto. Kathy, la protagonista di The Addiction dice con rabbia a una donna che ha appena vampirizzato: “Perché non mi hai mandato via? Perché non mi hai detto vattene al diavolo? Sei una vigliacca.”
L'uomo vede dunque il vampiro come l'incarnazione, anzi, come la proiezione dei suoi peccati e non riesce a rinunciarvi. “Mi verrà una malattia?” chiede una studentessa a Kathy dopo essere stata morsa e lei risponde: “Non peggiore di quella che avevi prima.”
Come in ogni noir che si rispetti, il male è endemico e l'uomo ne è dipendente, il trasformarsi in vampiro è una semplice esplicitazione della sua natura perversa. Non esiste dunque speranza, né redenzione. Il cattivo non è più diverso da noi, ma è una parte di noi stessi che ci risucchia e ci proietta verso il male che in fondo abbiamo sempre desiderato.
La stessa cosa succede al protagonista de La bara di Laymon, che trova il cadavere di una donna con un paletto piantato nel cuore e per tutto il romanzo è ossessionato dal desiderio di togliere quel paletto per vedere che cosa succede. Anche qui, come in Wampyr, non si sa se si tratti di una vera vampira, ma non conta. La sua presenza avvelena il sangue e i pensieri del protagonista tramutandosi in una vera e propria ossessione e in una discesa nel male più profondo. Lo stesso Seven di Fincher può considerarsi un noir vampirico: il finale ci inquieta perché il serial killer estrae maieuticamente e vampirescamente la malvagità e il peccato insiti nel poliziotto.
E, a proposito di poliziotti, non si può non citare l'ammazzavampiri creata dalla penna di Laurell K. Hamilton. Nella cittadina di St. Louis esiste una squadra di polizia, il Regional Preternatural Investigation Team che indaga sui crimini connessi con il soprannaturale, ma c'è sempre bisogno di qualcuno che faccia il lavoro sporco: Anita Blake. Anche qui il mood che pervade la saga è decisamente noir, a partire dalla protagonista: impulsiva, apparentemente cinica e disillusa, a tratti incazzata, sempre ironica. L'autrice non ha negato di amare il genere e di essersi ispirata in particolare a Robert B. Parker, maestro del noir seriale americano. Tra le pagine emerge anche l'influenza del Carpenter di Vampires, specie nella costruzione delle scene d'azione. Ma, come in ogni noir, gli scontri più emozionanti non sono soltanto quelli in cui Anita deve sparare a volontà, bensì quelli più psicologici in cui le tocca resistere alla fascinazione mentale dei vampiri e alla loro capacità di influenzarla attraverso sogni e allucinazioni.
Il contraltare maschile di Anita Blake è Cal McDonald, il detective creato da Steve Niles (l'autore di 30 giorni di notte), che Rob Zombie ha definito “una stracazzuta combinazione di Sam Spade, Steve McQueen e Charles Bukowski.”. McDonald, che di professione “caccia mostri”, è molto più vicino a John Costantine di Hellblazer che a Dylan Dog. Vive in un mondo popolato da creature sovrannaturali e dichiara che “non esiste niente che cammina sulla terra che non possa essere fatta fuori con una pallottola o con un preciso colpo alla testa”, per poi scoprire sulla sua pelle di essersi sbagliato e di vivere in un mondo in cui le zone d'ombra esistono e il male non sempre può essere sconfitto. È incazzato, violento, politicamente scorretto e ha un passato di dipendenza dalle droghe che non lo rende così dissimile dai vampiri che deve cacciare, ma che gli fornisce anche l'antidoto per combatterli.
“La parte più bella della storia è che tu diventerai uno di noi. Ironico. Il cacciatore di mostri che diventa mostro”, lo minaccia il succhiasangue. E Cal risponde: “Lo sono già stato. Non mi è piaciuto.”
Varrebbe la pena che i fan dei vari vampiri al crepuscolo si togliessero i ciondoli a forma di pipistrello e i canini finti e gli dessero una lettura.
© Cristiana Astori, maggio 2009
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