Continuiamo il nostro viaggio nella notte tra vampiri ed eroi noir. La parola a Claudio Vergnani autore di uno dei più acclamati romanzi di vampiri degli ultimi tempi. Un romanzo di vampiri, di successo e pure italiano? Wow....
Claudio Vergnani: Quando ho iniziato a scrivere Il 18° vampiro avevo un’idea decisamente chiara dei vampiri che volevo descrivere. Non credo sia il caso di attardarsi nello scendere troppo nel dettaglio, tanto è semplice il concetto. Li volevo vampiri, sic et simpliciter. Volevo che fossero ciò che erano, dei mostri, degli incubi viventi, dei dissanguatori.
Il che ovviamente non li rendeva monodimensionali come alcuna critica ha lasciato intendere con comica sufficienza (c’è poco di modimensionale in chi vive per secoli torturato dalla sete senza mai poter vedere un raggio di sole), ma solo – essenzialmente – feroci e letali, come è inevitabile che sia un predatore. Un predatore non è stupido, nè malvagio. E’ in caccia. Uccide per continuare a sopravvivere. Se ne avrà voglia – e un certo perverso talento – alzerà il livello della sua violenza a vertici di sadismo e perfidia; diversamente si limiterà a massacrare.
E’ anche vero che figura del ritornante ci tiene compagnia da secoli (come si conviene, appunto, ad un non-morto) – passando da autentico e tragico incubo - più o meno legato ad eventi storici - a puro intrattenimento letterario/cinematografico. Chi sopravvive (o, come nel suo caso, soprammuore) per così tanto tempo, volente o nolente, subirà qualche cambiamento. Forse anche una sorta di adattamento. È un processo naturale. Non si può evitare. Poi ci sono le mode del momento. E qui, per certi versi, si entra nel campo minato del mero gusto personale. Oggigiorno – a mio parere - il buonismo di maniera ha raggiunto persino uno dei mostri per eccellenza, il vampiro, appunto. Lo hanno reso un incipriato, improbabile filosofo vagamente demodé che non stonerebbe in qualche studio televisivo a scambiare trite e verbose facezie di fronte a Fabio Fazio. Quando non è un santarellino a tutto tondo, protettore – e non più defloratore – di vergini vagamente e precocemente rimbambite.
Tuttavia le apparenze ingannano. Come diceva mia nonna (lo diceva Fleming ? Forse perchè l’aveva sentito da mia nonna): “Gratta un giapponese e ci troverai un samurai, gratta un russo e ci troverai un tartaro”. Quindi, gratta un vampiro e – sotto la brillantina e l’attuale sguardo vacuo - idiota-adolescenziale – troverai di sicuro un mostro succhia sangue. E’ una questione di pazienza. Reculer pour mieux sauter, si dice in gergo negli scacchi. Indietreggiare per meglio balzare. Credo che sia ciò che i vampiri fanno attualmente.
Sbaglierò, ma dopo vari passaggi fisiologici (con tutto il dovuto rispetto per Rice, Meyer ed epigoni) credo che le cose stiano cambiando. Il vampiro – presosi una breve inaspettata vacanza – ritornerà a fare ciò che sa fare meglio: il vampiro, appunto.
In questo senso – venendo ad un possibile parallelo con il Noir - se quest’ultimo è un nero striato di sangue, spesso duro e traditore, sempre crudo e per nulla disposto a consolare i propri lettori/ fruitori con un tiepido ritorno – magari dopo mille sanguigne peripezie – allo status quo, allora i punti in comune con il romanzo/film di vampiri è evidente. Si porta con sé il lettore nel vivo di un’azione, il più delle volte violenta e realistica, dove i punti di forza non sono necessariamente la verosimiglianza a tutti i costi, ma l’agire umano in una condizione di volta in volta terribile e/o tragica, spesso ambivalente, forse scorretta, ma mai noiosa.
E poi, se difficilmente il noir è consolatore, di certo nemmeno i vampiri lo sono. Essi rimangono lì, in agguato, con infinita pazienza e altrettanta ferocia. Non li si può affrontare come se si trattasse di comuni criminali, per quanto pericolosi, sadici e distruttori. Essi sono sempre una nemesi. Perché ? Perché che ci piaccia o meno rimarranno sempre uno degli incubi del genere umano.
E – soprattutto – non se ne vanno. Mai. Rimarranno di fianco a noi con un’espressione di eterna angoscia sul volto, con tutta l’indicibile, immensa e regale dignità di un cocente dolore... Impossibile liberarsi di loro.
Quindi, per tornare al noir, come probabilmente avrebbe detto Raymond Chandler, uno dei suoi più illustri rappresentanti: “Con i vampiri non è mai finita. Il modo di dire loro addio non è stato ancora inventato".
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