Spaccatutto Micheal Bay, che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo e visto che c’è bisognerebbe distruggerlo (metaforicamente si intende…).
Ha aspettato pazientemente che la legge (o leggenda?) di Moore (secondo la quale ogni diciotto mesi i processori per PC raddoppiano la potenza di calcolo dimezzando il costo) facesse il suo corso, per allestire l’ennesima corazzata destinata ad autodistruggersi in147 minuti, non prima di aver fatto sfracelli al botteghino.
Eppure, tra la Camaro gialla dietro (o dentro?) la quale si cela Bumblebee, uno degli Autobot al servizio dell’umanità con degli occhi blu così talmente espressivi e così pietosamente umani che ogni volta che ti guarda ti viene voglia di metterti a piangere e un feroce Decepticon per contro votato alla distruzione dei primi inclusi i terrestri, da questo Transformers - La vendetta del caduto fa capolino prima una timida partecipazione alla vicenda che via via diventa sempre più spavalda, frutto come accennato di un progresso tecnico che usato a iosa com’è porta uno stupefatto spettatore ben dentro le mirabolanti trasformazioni illudendolo, più del lecito, che una semplice auto possa davvero trasformarsi in un robot alto venti metri, impressione che stavolta resiste persino ad un minuzioso esame visivo che finisce col rintracciare puntualmente uno dopo l’altro i pezzi dell’auto che non c’è più nel corpaccione di metallo che ne ha preso il posto.
Ma non è solo questo, perché c’è qualcosa in più…
Ad esempio una certa aurea trascendente della serie “morte e resurrezione” (tutta roba che mai ti saresti aspettato potesse finire tra le mani di Bay, ma tant’è…) che costella tutto il film che è giocato per intero proprio sull’attesa della resurrezione del Decepticon caduto (Megatron). Ma illudersi troppo equivarrebbe a confondere il puro e semplice intrattenimento con qualcosa di maggiore spessore. Siamo ampiamente, come sempre nel caso di Michael Bay, nel primo campo, nel quale, va detto, si è comunque saputo ritagliare uno spazio tutto suo, e lì rimaniamo. Comunque niente paura perché in compenso la direzione degli attori appare terribile, con Megan Fox costantemente in zona pin-up, il che si traduce in pose provocanti e fotografia patinata, mentre Shia LaBeouf, certo più bravo della collega, sembra afflitto da DDAI.
Però, a nostro opinabile giudizio, a ‘sto secondo episodio un’occhiata gli andrebbe data…
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