Partiamo dal tuo ultimo lavoro, “Se telefonando” (Melampo 2009) e dalle intercettazioni. Se non ci fossero state cosa non sarebbe emerso?
Senza questo strumento d’indagine i cittadini italiani non avrebbero saputo nulla di malversazioni, di illegalità, di ruberie in cui sono state coinvolte persone indegne d’avere ruoli importanti nella politica, nell’economia, nello sport. Ad esempio, Fazio sarebbe forse ancora governatore della Banca d’Italia, Pollari direttore del Sismi, Moggi sarebbe ancora impegnato a tessere i suoi imbrogli nei campionati calcistici, Fiorani avrebbe espugnato la Banca Antonveneta, Ricucci sarebbe un importante azionista del Corriere e Gianni Consorte della Bnl. E mentre Vanna Marchi sarebbe ancora intenta a smerciare i suoi intrugli e ad estorcere soldi a clienti creduloni, Fabrizio Corona sarebbe indaffarato in traffici di ricatti. E infine, nella clinica Santa Rita di Milano, i dirigenti continuerebbero a stabilire cure e interventi chirurgici non tanto sulla base della salute del paziente, quanto su quella dei guadagni di medici e proprietario.
Ti chiedo di scioglierci un nodo. Come sta avvenendo il passaggio dall’ovvietà della loro utilità –dimostrata con avvenimenti e con applicazione logica– alla normalità del divieto?
Intanto non si potranno più fare intercettazioni perché, per procedere, saranno necessari evidenti indizi di colpevolezza. La contraddizione di fondo è che tu prima di intercettare un presunto colpevole devi avere già le prove. Quindi l’intercettazione –vale a dire la prova di colpevolezza– sarà consentita solo quando ci saranno già prove di colpevolezza. Moltissimi reati non saranno più scoperti e, insieme a loro, neppure i responsabili. E molti di essi resteranno impuniti. Oltre a ciò, occorre valutare il rapporto tra l’informazione e le intercettazioni: non saranno più raccontabili e questa è una gravissima limitazione alla libertà di espressione.
Cosa si potrebbe fare per impedire l’impedimento alle intercettazioni?
Bisognerebbe che tutti i cittadini mostrassero la loro opposizione a questa legge. Una legge che non danneggia tanto i magistrati quanto soprattutto i cittadini. Perché avranno minor sicurezza, alla faccia dei decreti sicurezza! Ci saranno un mucchio di reati e di colpevoli impuniti. Invito tutti i giornalisti a fare obiezione di coscienza, abbiamo fatto un appello su Fastweb con Travaglio e altri colleghi in cui invitiamo alla disobbedienza civile, perché quella contro le intercettazioni è una legge contro l’articolo 21 della costituzione.
Ti sei occupato di storia e terrorismo. Condividi l'idea che oggi il terrorismo, nello specifico italiano, sia nella vulgata identificato con le Brigate rosse e sia attiva una minima memoria delle trame nere e dei complotti di Stato?
Assolutamente sì. C’è una dimenticanza assoluta di un pezzo della storia recente del nostro paese, quella degli anni ‘70. Una storia che però ci impedisce di capire che cosa è successo, come si è arrivati ad oggi, le vicende dell’eversione, del terrorismo nero, una low-intensity-war, quella guerra a bassa intensità combattuta negli anni ‘70 e di sappiamo molto poco.
Esiste, ad oggi, in Italia e nel mondo, una forma di abuso mediatico? A quale genere di informazione si applica?
L’informazione deve essere libera anche nei suoi errori. Purché si tratti di errori e non di manipolazioni. Certo, attraverso l’informazione si possono fare passar delle falsità, si possono ingigantire cause ed eventi e questa è una realtà con cui quotidianamente occorre misurarsi.
Quali sono i temi attualmente rimossi dalla televisione?
Facciamo prima a dire quali sono i temi affrontati! La maggior parte degli italiani non legge i giornali e la televisione fa censura assoluta su alcuni temi. Basti vedere, in questi giorni, le dichiarazioni di Augusto Minzolini, che un tempo veniva soprannominato “lo squalo”, ma che ora si è ridotto ad un’acciuga perché non ha raccontato una riga della vicenda di Bari nel TG1, di cui ha invece dato ampia notizia la televisione di tutto il mondo. In genere la televisione rimuove tutto ciò che ha a che fare con la corruzione dei politici. O che riguarda i proprietari dei giornali. Sfido a trovare un’inchiesta sui proprietari del Corriere della Sera, che sono poi le maggiori banche e maggiori imprenditori italiani.
Rispetto a 20-30 anni fa, editore e direttore come condizionano i giornalisti? La precarietà professionale quanto incide sul condizionamento?
Editori e direttori sono sempre stati molto presenti nell’informazione italiana. Credo che però adesso si sia arrivati ad una situazione peggiore. Innanzitutto perché la politica continua a comandare su tutta l’informazione televisiva e su una buona fetta dell’informazione scritta. Poi perché i giornalisti sono più ricattabili, meno difesi dalla categoria, e anche meno coraggiosi.
É il libro a sopperire a quelle inchieste che non si possono pubblicare sui giornali?
Spesso sì. Il fatto che ci siano moltissimi libri comperati da migliaia di lettori significa che c’è una supplenza del libro-inchiesta rispetto ai giornali.
Che cosa ne pensi della free press? É una minaccia per la professione del giornalista?
No, io credo che ogni forma di espressione debba essere vista non come un nemico ma come un’ulteriore opportunità. Certo è che se è solo un modo per condizionare maggiormente i giornalisti, allora non è free per niente, è free perché è gratis ma non è libera nei contenuti. Questo però dipende da caso a caso, si può fare anche della buona informazione popolare.
Internet permette a chiunque voglia di informarsi. Ritieni, come afferma Furio Colombo, che ciò che manca sia la condivisione delle informazioni e che di ciò ne sia responsabile la stampa?
No, Internet è una grandissima ricchezza, il pericolo è che, siccome vi si trova tutto e il contrario di tutto, compaiono anche molti errori. Internet è un mezzo preciso solo se manovrato con cura, bisogna sempre controllare le notizie, mai fidarsi. C’è da aggiungere che internet valorizza il buon nome, la fama, l’impegno, la faccia di chi divulga in rete le informazioni. Se sei serio, vieni riconosciuto, penso ad www.huffingtonpost.com, che, creato da zero, oggi pubblica inchieste ed è diventato molto autorevole. L’autorevolezza si guadagna nel tempo, questa è una sorta di autoselezione intelligente della rete.
É possibile che il nostro sistema politico rimetta al centro dei suoi valori la moralità? Che cosa dovrebbe accadere perché ciò avvenga?
Io credo che debba finire questo sistema politico, perché non è riformabile. Dovrà cadere un regime trasversale in cui le responsabilità non sono uguali: nonostante ci siano persone perbene è prevalsa questa solidarietà anche di ceto, dobbiamo aspettare la prossima generazione di politici e probabilmente anche di nuovi partiti. La politica è una cosa troppo importante per poterla far fare ai politici e il merito dell’informazione è dare un apporto critico.
Ci anticipi il tuo prossimo progetto?
Uscirà in autunno, è un libro sull’eversione nera da Piazza Fontana alla P2 a Gladio, attraverso le testimonianze di investigatori che hanno indagato sui misteri d’Italia e che raccontano la storia delle difficoltà in cui si sono imbattuti.
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