Una bambina rapita, l’uomo conosciuto con il nome di Melanicus, Claudia Palombo uno dei nasi più famosi d’Italia; il commissario Francesco Ambrosetti, che indaga sul rapimento. E poi Maddalena Rocca, prigioniera destinata al martirio; un gruppo di iniziati a una setta satanica, un ragazzo albanese e una studentessa…
Questi sono solo alcuni dei personaggi e degli avvenimenti che compongono la complicata storia che Stefano Ferrio racconta ne Il profumo del diavolo, edito da Marsilio.
La storia principale è quella di Veronica Vaccari, una bimba che scompare nel nulla la vigilia di Natale. Sul suo rapimento indaga il commissario Ambrosetti, che fa parte del gruppo Mercurio, una squadra speciale che si occupa di casi particolarmente complicati e in cui si sospetta la presenza di un Errante, una categoria di criminali pericolosissimi.
Parallelamente viene raccontata la storia di Melanicus, uomo dalla doppia vita e personalità: da una parte benestante padre di famiglia, dall’altra pazzo assassino che tortura e uccide le proprie vittime con lo scopo di creare macabre opere d’arte.
Sarebbe riduttivo proseguire con il racconto della trama, che si lascia scoprire pagina per pagina, aggiungendo sempre elementi nuovi, ma è interessante soffermarsi su alcuni elementi che colpiscono il lettore.
L’aspetto sicuramente più interessante del libro è la ricostruzione psicologica che l’autore fa per ogni personaggio. In particolare lascia spiazzati e stupiti la cura e l’immedesimazione che Stefano Ferrio impiega quando parla di Melanicus, di cui traccia un preciso identikit psicologico, che sfiora quasi la ricostruzione criminologica.
E’ inquietante come emerga la personificazione del Male attraverso le descrizioni dei pensieri e dei gesti di questo personaggio.
Pagine molto toccanti sono anche quelle dedicate a Maddalena Rocca, prigioniera nei sotterranei di una fabbrica abbandonata per un progetto elaborato dalla mente del suo rapitore, l’autore riesce a parlare di questa ragazza, ridotta ormai a un vegetale, dandole una profondità e una corporeità tale per cui il lettore riesce a vivere, quasi, i suoi stati d’animo e si appassiona alla vicenda della sventurata.
Come dicevo, però, il libro è molto complesso nella sua elaborazione e questi sono solo un paio di esempi che illustrano l’abilità dello scrittore nel creare i personaggi.
Purtroppo il libro ha anche un grande difetto che si identifica con l’eccessiva lentezza dello svilupparsi degli eventi. La grande mole dell’opera, l’utilizzo da parte dell’autore di descrizioni molto minuziose e, in certi casi, fini a se stesse, appesantiscono la lettura e impediscono lo scorrere fluente della trama.
Questo penalizza la parte relativa all’indagine e alla soluzione del caso, il ritmo è lento e perciò il lettore perde il gusto di seguire passo per passo il commissario e i suoi collaboratori. Contribuisce a questo anche l’inserimento da parte dell’autore di sempre nuovi personaggi ed elementi, che, soprattutto verso la fine del libro creano confusione distraendo dalla trama principale e non aggiungono particolari rilevanti ai fini della soluzione. Nel complesso, quindi, Il profumo del diavolo è un libro che racchiude molti lati positivi e interessanti, adatto soprattutto ai lettori appassionati ai temi relativi al satanismo e alla mitomania, ma è troppo dispersivo nella scelte stilistiche e strutturali e pertanto risulta, a tratti, poco scorrevole e di non facile lettura.
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