Ora Belmonte aveva tutto chiaro. Avrebbe voluto accendersi una sigaretta per festeggiare ma le aveva finite.
Venti minuti di inseguimento a piedi, in mezzo alla gente, di mattina, come nei film di Eastwood/Callaghan. Adesso era tutto finito, stava con le ginocchia sulla schiena dell’assassino. Aveva detto a Turi di andare a prendere la volante. Crigno aveva protestato, non era quella la procedura giusta, avrebbero fatto meglio ad accompagnarlo tutti e due, ma alla fine obbedì.
Felice era appartato con Arturo nel parco comunale. In lontananza solo un cane che pisciava al guinzaglio della sua padroncina. Pensò: "Per fortuna non c’è quasi nessuno". Aveva un bisogno disperato di una sigaretta. Chiese: - E così hai ucciso Vezzani eh?.
Arturo non rispose, sudava come un animale.
- Vuoi che ti dico come è andata? Vuoi? - Belmonte faceva il gradasso, ma con gentilezza, era quasi cordiale, stava per esibire la sua intelligenza. L’altro, sotto di lui, deglutì a vuoto.
- Gli hai tagliato la testa e lui non ha opposto resistenza. Strano eh? Ma in effetti strano non è: perché è stato Vezzani stesso a pagarti per ucciderlo. Settantacinquemila euro. Ho ragione o no?
Arturo pensava alle bollette della madre, alla videoteca... tutto andato a farsi fottere.
Belmonte continuò: - Vezzani ha messo in piedi un suicidio mediatico coi fiocchi. Ha ottenuto la celebrità che tanto desiderava. Bastava solo approfittare del clamore suscitato dagli omicidi commessi in Cispadania nell’ultimo anno.
Ci fu qualche secondo di silenzio. Tutto si fermò: sembravano entrambi impressi indelebilmente sulla pellicola del tempo, in una istantanea distorta e sfocata.
Belmonte liberò Arturo dalla presa.
Arturo non ci credeva, addio comunque ai sogni di gloria, "ma cazzo, sono libero!" Scattò in piedi per darsela a gambe levate ma l’ispettore lo bloccò afferrandolo per un braccio. Arturo temette che avesse cambiato idea.
Felice sorrise e disse: - Aspe’, hai una sigaretta?
Arturo gli porse con la mano tremante tutto il pacchetto e sparì nel sole del mattino.
Felice accese una Camel, certo non erano le sue Nazionali, ma sempre meglio di niente. Era stato poco professionale, anzi per nulla. Aveva fatto fuggire il colpevole. Ma per una volta, finalmente, "porco mondo vaffanculo!"
La Repubblica, 16 dicembre 2004: "L’assassino è scappato, sfugge dalle mani degli inquirenti Arturo Sirio, autore del delitto Vezzani. L’ispettore Felice Belmonte, autore dell’inchiesta, mantiene il massimo riserbo sullo sviluppo della vicenda..."
I versi citati nel racconto sono tratti da “Mio Sud” in “La rosa nel bicchiere” di Franco Costabile (1924 – 1965), poeta calabrese, Edizioni Qualecultura, 1994.
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