Strano che uno come lui, uno che voleva fare lo scrittore e che non gradiva troppo i gialli, fosse finito nella polizia, lontano da casa.
"Mio treno di notte / lento nella pianura / Battipaglia... Salerno... / mio paesano, stanco sulla valigia, / cane vagabondo."
Costabile.
Quei versi gli pendevano dalle labbra.
Lo conosceva bene quel treno.
Ma il suo cervello ora fondeva per un omicidio.
Nessuno lo aveva sentito urlare. Eppure lo stavano decapitando. Nessun segno di colluttazione. Mattia Vezzani, trentacinque anni, commercialista. Figlio unico. Viveva in un monolocale in centro. Senza macchia e senza peccato. Senza eccessi. Qualche “tirata” ogni tanto, ma solo così, per carità, mica era un tossico. Uno come lui, uno della sua posizione. Appassionato di cinema e spettacolo, aveva partecipato come ospite a una puntata del Maurizio Costanzo Show.
Dalla deposizione degli amici, la notte stessa del delitto, l’ispettore aveva cavato solo il sospetto di una relazione con Sonia Carelli.
Belmonte era, come si dice, a terra con tutte le ruote.
Qualcosa non quadrava.
Si alzò dal letto e tornò in commissariato.
Di notte.
Arturo chiuse dietro di sé la porta di casa.
Sedette su una poltrona. Guardò l’orologio: 23:46. "Mamma non c’è", pensò, "deve avere il turno di notte". Caporeparto in una fabbrica di lattine, se la passava di lusso, almeno rispetto agli altri operai: era tra gli ultimi nella lista per la cassa integrazione.
Avrebbe voluto prepararsi qualcosa da bere, ma il suo cervello era occupato da ben altro che far muovere gambe e mani per alzarsi, prendere il bicchiere, aprire il frigorifero...
Al commissariato tutto ok: dati anagrafici, impronte digitali, firma e via. S’era cacato addosso, come la nonna. "Ah, la nonna". Ma sentiva ancora la puzza della merda. Certo, i soldi di Mattia facevano comodo. "Eh, quel coglione di Mattia", quante gliene aveva combinate? Erano passati quasi venti anni.
Pensò: "«Niente turni di notte per mamma, zero bollette, film e cd a go go, tranquillità..."
Mentre usciva dalla stazione di polizia aveva visto Belmonte, "L’ispettore Belmonte indaga sulla misteriosa decapitazione", faccia da meridionale e soprattutto incazzatissimo.
Risoluto.
Gli venne un attacco di cacarella nervosa.
Seduto sul cesso meditò di fuggire. Ma come? E quando?
15 dicembre 2004, su Rai Uno, in prima serata va in onda lo speciale "Giovani che uccidono".
L’ispettore era sdraiato sul divano del suo ufficio, il fascicolo del caso Vezzani sulle gambe, in mano un pacchetto con due Nazionali soltanto. Ne accese una.
"Certo che per distogliere l’opinione pubblica dalla loro incompetenza, ‘sti ministri ne inventano una al giorno", pensò, "mo’ se la prendono coi ragazzi". Proprio mentre entrava in commissariato ne aveva visto uno uscire dall’ufficio di Perotti.
Aprì il fascicolo. La cenere della sigaretta vi cadde sopra ma non ci fece caso. Aspirò un’ampia boccata. Sputò stancamente il fumo.
Guardò per l’ennesima volta le foto della Smart e della faccia abbronzata di Vezzani, infine si soffermò su quelle dell’appartamento della vittima: riproduzioni della Marilyn di Warhol, poster di film, decine di videocassette e DVD. Felice pensò al suo appartamento sommerso dai libri. Qualcosa lo accomunava al cavaliere senza testa: il fallimento.
"Lui attore e io scrittore fallito", pensò prima di addormentarsi.
Il mattino dopo, Crigno lo svegliò entrando in ufficio come un uragano: -Ispetto’, ce l’abbiamo!
- Chi, che cosa? - chiese Belmonte serrando le palpebre per metterlo a fuoco.
- Ma come chi? L’assassino di Vezzani!
- Eh?
- Arturo Sirio, Via I Maggio, 27.
Belmonte saltò sul divano: - E come ci sei arrivato?
- Botta di culo ispetto’: stamattina, prima di venire a fare rapporto, ho controllato nuovamente, per scrupolo eh, la lista delle impronte di quel minchia di Perotti. Ispetto’, l’assassino è stato qui ieri notte!.
Felice rammentò, l’aveva visto. - Fatti dare una macchina, andiamo a prenderlo io e te - Accese l’ultima Nazionale.
Nella volante chiese a Crigno: - Altre novità?
- Ah, dimenticavo: l’assassino ha frequentato l’istituto tecnico commerciale con la vittima, per un anno soltanto perché pluriripetente. Poi dal conto di Vezzani mancano settantacinquemila euro, li ha prelevati poco a poco, in contanti.
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