Ah, l’amore…
Il posto di ognuno di Maurizio de Giovanni, Fandango Libri 2009.
Ho conosciuto Luigi Alfredo Ricciardi, commissario della squadra mobile della Regia Questura di Napoli con Il senso del dolore. Trentun anni, nove dell’era fascista. Piuttosto bello, benestante, di famiglia altolocata. Eppure praticamente senza amici, senza una donna, vive nella grande casa patronale di Fortino con la tata Rosa di settanta anni che ha per lui un amore filiale. Grande lavoratore, cupo, silenzioso, ha allacciato un buon rapporto soltanto con il brigadiere Raffaele Maione. Già i suoi occhi sono pieni di un dolore vecchio ma sempre vivo, una “personalità complessa e travagliata”. Consapevole dei problemi della città ma anche consapevole “dell’impossibilità di cambiare lo stato delle cose”. Fatalista, rassegnato, eppure pronto ad andare in fondo al suo lavoro. E provvisto di una discreta dose di ironia.
In questo terzo romanzo ( il secondo è La condanna del sangue) tutto ruota attorno all’amore e ai sentimenti che da esso si irradiano: passione, odio, gelosia (occhio anche alla cruda necessità…). Tre donne intorno a lui: la dolce Enrica (che vede dalla finestra), la sensuale Livia che lo vuole ad ogni costo, la premurosa tata Rosa.
Fatto da indagare la morte della duchessa Musso di Camparino sposata giovane ad un vecchio duca che sta morendo. Uccisa con un colpo di pistola attraverso un guanciale. Ma porta impressi anche i segni di una lotta…
Non mancano gli ingredienti necessari di un giallo che si rispetti: il giornalista (questa volta innamorato), l’informatore, il capo rompiballe preoccupato dei risvolti pericolosi (per la sua carriera) dell’inchiesta, il prete amico e l’assassino (o il probabile assassino) che narra in prima persona.
Aggiungo le visioni del nostro, scene di morti e le loro ultime parole (in questo caso “L’anello l’anello, hai tolto l’anello, l’anello mi manca”), una spiccata sensibilità agli odori. Ritmo lento, quasi faticoso come se risentisse del caldo dell’estate napoletana, istintiva ironia dello scrittore (esilaranti le quattro donne che in quattro posti diversi stanno tagliando le cipolle) tendente a stemperare l’aria talora sentimentaloide del racconto (qualche insistenza di troppo, via…), fine penetrazione psicologica dei personaggi e dei loro cambiamenti, spunti sulla società (picchiatori fascisti, degrado di certi ambienti, le veline ai giornali, niente fatti di sangue, niente tragedie…) e sulla città che almeno il venerdì sera vuole dimenticare i suoi malanni, colpi di scena finali.
E lui, Luigi Alfredo Ricciardi che non può più restare fermo. Deve attivarsi, darsi da fare, prendere l’iniziativa. Quella amorosa, si capisce. Ci prova. Incomincia a scrivere una lettera Gentile signorina…
Alla prossima.
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