A ogni modo questo amico chiamò Cuttieddu a maggio. Gli disse che per l’Immacolata sarebbe successo qualcosa di grosso, grosso davvero. E che teneva bisogno di una mano.

Cuttieddu non fiatò e non decise, che in Cosa Nostra un connesso non pensa con la testa propria.

Con quella del boss deve pensare.

Il boss ci ragionò un pomeriggio. Un pomeriggio a porte chiuse: sigaro e rosolio.

Alla fine non disse nenti. Una pacca sulla spalla di Cuttieddu poteva bastare.

Ed eccolo qua il catanese tuttofare. La notte dell’8 dicembre, in centro a Roma a ghiacciarsi i gabbasisi in attesa di iddu.

Iddu era il capo della polizia. E faceva gli straordinari pure il giorno della festa.

Quel gran pezzo di fica della moglie si era levata dalle palle. Era passata in ufficio, ma anche lei aveva di meglio da fare.

Al terzo piano la luce dell’ufficio di iddu si spense. Era quasi ora.

Il colonnello era stato chiaro.

Vicino alla questura ci stava una cabina. Avrebbe chiamato per far sapere che si poteva procedere. Il capo della polizia andava tenuto d’occhio fino a che l’ordine non fosse stato confermato.

Poi era paranza di Cuttieddu.

«Una cosa veloce» aveva detto. «Non voglio che soffra.»

Cuttieddu aveva risposto con un sorriso tirato: «Non ti devi preoccupare di nenti, colonnello bello. Lo vedi chistu?» Aveva cacciato la lama. «Una piuma...»