É freddo come una pietra il cuore del protagonista di questo romanzo, gelato dopo l’uccisione della sua Lana e consumato dal livore. La vendetta rimane l’unica meta per Pietrafredda, alias il Professionista, ex legionario, un guerriero nel senso più alto del termine, un uomo che ha in bocca tutto l’amaro del mondo ma ciononostante sa attingere alla risacca di grandezza d’animo che gli appartiene. Fracassa in faccia le bottiglie ai suoi nemici eppure tratta con garbo le prostitute, rispetta i valori dell’amicizia, è di poche parole ma risolutive: «Se hai una lama, devi dimostrare di saperla usare» (p.34)

Stefano Di Marino, conosciuto anche con lo pseudonimo di Stephen Gunn, (non solo ha scritto “Il Professionista”, una delle più fortunate serie italiane di spionaggio pubblicata su “Segretissimo” e ristampata in TEA, ma ha pubblicato anche con Mondadori e Piemme) ha firmato quest’ultimo gioiello Perdisapop, a conferma che la collana lascia sì spazio alle voci esordienti ma le alterna a quelle già affermate.  Pietrafredda risente in positivo della penna di un autore di action/adventure thriller sotto diversi aspetti, primi fra tutti  la suspense della narrazione, il continuum tensivo e la ricchezza di personaggi: lottatori, guerrieri, prostitute, killer all’inseguimento, poliziotti in incognita, informatori, donne che portano il velo e donne che li hanno tolti quasi tutti, i loro veli.  Ma l’estrazione della narrativa d’azione trapela anche dall’atmosfera di combattimento che aleggia in ogni capitolo: sudore, allenamenti, arti marziali e boxe s’incrociano con codici d’onore, cazzotti, lividi, strette di mano. Le descrizioni dei bassifondi parigini sono accenni di vita che palpita attraverso un dialogo, un colpo di scena, una fotografia, una sequenza filmica. É una Parigi reietta l’ambientazione di questo romanzo, una Parigi fatta di banlieues, palestre, localini pittoreschi, night club ma fatta anche di sapori, odori, cibi da ogni parte del mondo. Il cosmopolitismo di fondo non è forzato ma rispecchia la realtà di una metropoli abituata da ormai un secolo a fare i conti con la multietnicità e Di Marino la padroneggia come solo può fare chi la conosce bene, come lui stesso ha dichiarato: «È una città dove ho trascorso momenti importanti, ci vado spesso, poi c’è tutta un cultura che, per aspetti differenti, mi ha molto influenzato. Più di venti anni fa ho cominciato ad andarci perché era là che si praticavano gli sport da combattimento come li concepivo io. Boxe Thai, Full Contact, BF Savate, interdisciplinarietà.» Va infine sottolineato l’espediente linguistico dello slang, del lessico esotico e della parlata gergale che s’intonano con naturalezza a un narrato intenso e costringono a leggere senza interruzioni. Elemento, questo, specifico dei BabeleSuite in generale e dei libri riusciti in particolare.

(Marilù Oliva)

Romanzo breve, testo densissimo di suggestioni e di rimandi al punto da obbligare alla pausa durante la lettura. Sono 128 pagine tutte di corsa, un viaggio attraverso una Parigi coloratissima e pericolosa, piena di mille musiche ed etnie. Un testo breve dove sono presenti tutti gli elementi della narrativa nera. L'eroe che ritorna al suo passato, gli amici e gli alleati, la bella e il truce nemico che spadroneggia. È la Francia di oggi? Anche, ma non solo. È il confine tra il mondo globalizzato del crimine e delle mille mafie, è il passaggio tra il mondo criminale descritto dai polar e dai noir al presente fatto di riciclaggio di denaro sporco, di smaltimento di rifiuti tossici e di collaborazione con il terrorismo. È anche un moderno western dove solo chi spara per primo e non ha paura nel cuore vive un altro giorno.

Cosa non va.

Piccole imperfezioni, passaggi logici secondari che rimangono troppo sottintesi. Si tratta solo di piccole smagliature, quel genere di difetti che rendono memorabile il viso di una bella donna.

Cosa va.

Tre fattori fondamentali. Il ritmo, elevato all'ennesima potenza per togliere il respiro; l'uso rischioso e riuscito della narrazione in prima persona e l'evidente coinvolgimento personale ed umano dell'autore, pienamente a suo agio nel mostrarci la “sua” Parigi e i pensieri maturi del suo antieroe.

In definitiva un testo memorabile, dimostrazione palese che un romanzo breve ben scritto non ha nulla da invidiare a testi più classici.

(Angelo Benuzzi)

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