Esce in questi giorni per Einaudi Stile Libero Mia è la vedetta, opera postuma di Edward Bunker; una raccolta di cinque racconti frutto, come tutta la sua produzione, di memorie criminali veramente vissute.
"Ho passato metà della mia vita a raccogliere materiale. E l'altra metà a scrivere."
Qualcuno potrebbe dire: "una vita hard boiled, uno scrittore noir puro". Qualcuno potrebbe sbagliarsi. Bunker traccia un confine preciso; in un'intervista raccolta da Aurelio Picca dichiara: "Non sono uno scrittore noir. Qualcuno lo pensa, ma io no. Gli scrittori noir non sanno niente del crimine. Non sanno niente della realtà vera. Scrivono buone storie. Qualcuno mi piace. Li leggo ma non tutti."
Anche se poi, a ben vedere, i protagonisti delle sue storie non sono solo semplici canaglie, ma personaggi spessi e pieni di conflitti esemplari nella loro letterarietà. Lo conferma Niccolò Ammaniti, parlando di Bunker e delle sue "bestie feroci" su Repubblica Tv: "Un personaggio compromesso con il male è sempre un personaggio interessante, nel quale la moralità esiste e non esiste, il confine tra il bene e il male non è chiaro. Sono personaggi mutevoli, che possono cambiare e dare senso a una trama."
E' una regola vecchia come il cucco, ma ogni tanto fa bene ricordarla.
Edward Bunker è un caso letterario interessante, da rileggere soprattutto in questo periodo, dove fiction e realtà tendono sempre più a identificarsi, a volte con risultati eccellenti (e il pensiero va subito a Gomorra), a volte con pessime finalità di morboso "marketing necrofilo".
Ad ogni modo, per leggere Bunker, bisogna abbandonare ogni manicheismo. Il vecchio Mr. Blue (anche se lui, per quanto riguarda la celluloide, non amava essere ricordato come come un personaggio tarantiniano, ma come lo sceneggiatore di Runway train - in Italia A trenta secondi dalla fine - bellissimo film dell'85 con Jon Voight) sa come confondere le acque.
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