Ho fatto una scommessa con me stessa. Camminerò senza vedere dalla stazione di Santa Maria Novella a Via Cavour.

Rifarò la strada che faccio ogni giorno, guidata soltanto dall’abitudine e dall’olfatto. Bendata e con un paio di occhiali scuri scendo dal treno e attraverso l’atrio della stazione.

Primo ostacolo serio: evitare i trolley lanciati come le automobiline in un autoscontro.

Secondo ostacolo: evitare lo scontro con persone che corrono sulle strisce pedonali. Hanno borse e borsoni durissimi che colpiscono tutto quello che rimane alla loro altezza senza pietà.

Marciapiede lato Lazzi. Il puzzo dei gas delle auto si mescola a quello di latrina a cielo aperto che è diventata la pensilina Toraldo. Comunque, vince quello escrementizio, così forte da addentare lo stomaco. Così non l’ho sentito neanche a Benares.

Seguo una truppa di turisti irreggimentati che fanno da battistrada e con la punta dell’ombrello valuto l’altezza dei marciapiedi.

Approdo in piazza dell’Unità, porto abbastanza sicuro. Ho calcolato male l’angolo e sbatto contro i resti di una bici squartata.

All’angolo con via S. Antonino un piede affonda in una buca lasciata da una pietra mancante.

Poco dopo, una voce impastata dall’alcol chiede qualcosa.

Un rumore di vetro che rotola mi dice che delle bottiglie vuote sono state abbandonate al bordo del marciapiede.

Piazza Madonna degli Aldobrandini è un percorso a ostacoli: una parte di strada recintata da un nastro, auto parcheggiate e tavolini all’aperto.

Il vento freddo che spira dall’angolo delle Cappelle Medicee mi dice che sono sulla buona strada, a parte la selva di banchi. Costeggio la chiesa di San Lorenzo con circospezione. In quel punto tante pietre sono smosse e rotte dal quotidiano salire sul marciapiede dei camion degli ambulanti. Per fortuna non piove, altrimenti gli schizzi di acqua sporca arriverebbero in alto.

Odore di caldarroste: sono vicina alla statua di un Medici.

Attenzione ai ragazzi che ripetono incessantemente “L’ultimo libro che hai letto”. Sarebbe interessante chiederlo a loro. L’ultima volta ho risposto “Topolino” e non mi hanno più chiesto nulla.

Le sirene di auto della polizia mi dicono che sto per svoltare in Via Cavour.

Sono arrivata all’angolo di Palazzo Medici-Riccardi.

Fra autobus, motorini selvaggi e mezzi autorizzati a tutte le ore c’è un olezzo da svenire. Meno male che è zona blu!

“Aria buona, cibi sani…”, uno slogan buono per Firenze.

Non vedo l’ora di levarmi la benda da finta cieca. Sono arrivata alla meta. Decido di nascondermi in un angolo dell’atrio del palazzo per finire di staccare il cerottone che mi copre l’occhio. Idea infelicissima perché incappo in una collega che non ha l’intuito pronto per far finta di niente. Sente il bisogno impellente di chiedere spiegazioni.

“Che hai fatto all’occhio? Sei caduta?”

Balbetto qualcosa ma non ho il coraggio di dire che era tutto uno scherzo. Del resto, non mi crederebbe. Chi è che scherza con se stesso? Accidenti a me! Mi tengo quello strazio di benda e non so se salire o no... Non ho tempo neanche di pensare perché sulle scale si sentono delle grida “Una disgrazia! Venite! Chiamate qualcuno!”

La collega si lancia sulle scale. Due scalini alla volta. Io rimango indietro e ne approfitto per andare nel primo bagno e buttare la benda. Finalmente!

Mi lancio anch’io in salita, e via via che salgo le urla aumentano e rimbombano nella tromba delle scale. Davanti all’ascensore c’è un capannello di colleghi e in mezzo un uomo a terra. Che sia svenuto? Si tiene tutte e due le mani sull’occhio e le mani sono graffiate.

Sembra il signor Stanislao dopo le botte dei compagni di Gian Burrasca.

Il corridoio risuona delle urla della moglie “Maiale! Così impari a guardare le foto porno! Quest’altra volta ti ci infilo il lapis intero!”

Nello stesso occhio o nell’altro? – mi chiedo.

Un breve silenzio e poi nel capannello intorno al capo qualcuno riprende a invocare di chiamare qualcuno. Si stanno già formando i capannelli per i commenti.

Chi dice che stava guardando il sito di un allevatore di maiali per comprare degli esemplari da mettere nella porcilaia della villa, chi dice che aveva inserito nel PC delle foto di Valeria Marini a insaputa della moglie.

Insomma, lei era entrata, aveva visto una gran massa rosa e aveva colpito con la matita. Un segno indelebile.

 

Susanna Daniele - funzionario legislativo presso un ente pubblico, giornalista e scrittrice nei ritagli di tempo. Vive a Pistoia e lavora a Firenze.

Nel luglio 2004 è tra i vincitori del premio letterario Giallowave nell’ambito della manifestazione ArezzoWave con il racconto “Una gita al mare” e nel dicembre dello stesso anno del premio nazionale di narrativa poliziesca inedita “Orme Gialle - Mario Casacci” di Pontedera con il racconto “Uno strano indovinello”. Nel 2008 ho vinto il terzo premio al concorso nazionale "Carabinieri in giallo" organizzato dalla rivista "Il carabiniere". Dal 2006 al 2009 vari racconti sono stati publicati in quattro antologie edite da Marco Del Bucchia, nella rivista "Delitti di carta", sulla rivista online "Thriller Magazine" e sul quotidiano "Il Corriere di Firenze".