Fedele fin quasi alla sovrapposizione completa (una vignetta un fotogramma…) trasposizione della celebre graphic novel di Alan Moore (disegnata da Dave Gibson e inchiostrata da John Higgins) con in più tutta la forza che il cinema sa infondere quando si ricorda di essere tale. Risultato eccellente quindi con relativo ingresso di Watchmen di Zack Snyder nella ristretta cerchia di quei film che non fanno mai rimpiangere la loro origine di natura, per così dire derivata, e che ne fa una delle migliori trasposizioni di sempre, assieme a quelle dei due Hellboy di Guillermo del Toro e senza dimenticare quella ormai classica di Warren Beatty con Dick Tracy.
Stati Uniti, 1985. Woodward e Bernestein sono morti e il XXII emendamento non esiste più, il che sta a significare niente Watergate e soprattutto fine del doppio mandato come limite invalicabile per qualsiasi presidente americano. La conseguenza? Nixon rules...
Il Vietnam? Un successo, grazie al Dottor Manhattan (di cui si dirà…) e infine, mentre il Decreto Keene ha dichiarato fuorilegge tutti i vigilanti mascherati e non, la Guerra Fredda non è mai stata così calda, con l’orologio dell’Apocalisse a tre minuti soltanto dalla mezzanotte atomica…
In un mondo così, muore uno che dentro ci sguazzava, ossia Edward Blake (Jeffrey Dean Morgan), conosciuto come il Comico ma soprattutto ex Watchmen, precipitato dal 23° piano del suo appartamento. Siccome la faccenda puzza di bruciato, un altro degli Watchmen, Walter Kovacs detto Rorschach (Jackie Earle Haley) inizia ad indagare. Solo che più le indagini vanno avanti, con il coinvolgimento degli altri membri della squadra, Dan Dreiberg/Secondo Gufo Notturno (Patrick Wilson), Jon Osterman/Dottor Manhattan (Billy Cudrup), Laurie Juspeczyk/Secondo Spettro di Seta (Malin Akerman), più gli indizi raccolti portano verso l’ultimo degli Watchmen, ossia Adrian Veidt/Ozymandias (Matthew Goode), da tutti riconosciuto come l’uomo più intelligente della Terra…
Watchmen si muove tra due estremi che sono anche quelli che fanno degli Watchmen qualcosa di unico: un estremo è rappresentato dal dottor Manhattan che dopo l’incidente di laboratorio che lo ha reso una creatura di pura energia senza più nulla di umano, vive nell’indifferenza riguardo ai destini degli uomini trovandosi più a suo agio con la vita subatomica che con quella di “superficie”. L’altro estremo è rappresentato da Rorschach. Il volto celato da una maschera le cui macchie nere in continuo mutamento su uno sfondo bianco si ispirano a quelle dell’omonimo test proiettivo e soltanto due regole di condotta: mordere la vita prima che sia questa a mordere te, la prima, mai scendere a compromessi (anche a costo della vita…), la seconda.
Tra questi due estremi c’è, se non tutto, gran parte del fascino del film: c’è un’indagine che proviene dai noir di tanto tempo fa con relativi colpi di scena finali, c’è una riflessione sui sacrifici che ogni decisione, per quanto ispirata ad un bene comune, comporta, ci sono due domande che tornano incessantemente e che riguardano un bisogno di giustizia che fa volentieri a meno dei tribunali e soprattutto “who watches the watchmen?”.
Ma in particolare ci sono dei personaggi molto vicini dall’essere indimenticabili, nel ciò che fanno di bene e nel ciò che fanno di male (vero Comico? Vero Veidt?).
Il funerale del Comico con The Sounds of Silence in sottofondo, è soltanto una delle scene da brivido…
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