La cassiera dell’Odeon, mentre faceva il biglietto, l’aveva avvisata storcendo la bocca “non vorrei sbilanciarmi, ma quelli che l’hanno già visto non sono usciti contenti…”
E chissà cos’altro avrebbe detto se si sbilanciava.
“Ma le recensioni lo mettono col sole che ride e il pollice all’insù!” La schermitrice era decisa a non lasciarsi scoraggiare “è un noir, e forse per via di Bova e Garko, gli scontenti, si aspettavano di assistere a un film commerciale…”
“See, vada vada, poi quando esce ne riparliamo…” e cambiando tono aveva aggiunto risentita “e comunque all’Odeon non diamo film commerciali!”
L’inizio (ambientato nel 1982, in un anonimo albergo lungo l’autostrada) che vede Claudio Santamaria e un altro giovinastro dare il tormento al portiere di notte Giuseppe Cederna, che alleva in un acquario sul bancone voraci térmiti al posto dei soliti pesci rossi, sembra promettente.
Nel Motel sono ospitati anche un uomo che tiene nascosto un cane in un armadio, un appassionato di sashimi che ha per amante una discinta Claudia Gerini, un Gabriel Garko (in versione sfigato con tanto di zeppola alla Jovannotti o alla Silvio Muccino prima maniera) reduce da una rapina, una giunonica Vanessa Incontrada in versione pornostar che si innamora del partner durante le riprese di un film a luci rosse, e un Raoul Bova che fa il verso alla Magnani dell’episodio La voce umana di Rossellini.
Ma già dopo mezz’ora il film non decolla e le parti demenziali non destano alcun divertimento.
Gli episodi rimangono slegati tra loro come in un film a episodi.
Un’umanità varia si sfiora, senza mai incontrarsi, nell’arco di una notte riportando alla mente quella del Casotto di Citti (del 1977) che pure si alternava in pochi metri quadri, sempre in una manciata di ore.
Allora c’erano una Jodie Foster, paciarotta con brufoli, reduce da Taxi driver, un Michele Placido con un testicolo fuori dal costume e un coatto Gigi Proietti coi piedi luridi sotto ai calzini.
Un dispiego di tanti bravi attori per una storia che non convince e che fa uscire dal cinema insoddisfatti.
Tanto da evitare di passare davanti alla cassiera per evitare di darle soddisfazione.
Aspettando il sole – Italia 2008 (98’)
Regia: Ago Panini
Con: Claudio Santamaria, Vanessa Incontrada, Claudia Gerini, Gabriel Garko, Giuseppe Cederna, Bebo Storti
Una ronde a tanti personaggi convergenti in un albergo di provincia. Tutto si svolge in una notte del 1982...
La schermitrice ritorna al Nuovo Nosadella per l’anteprima di Katyn a un paio di settimane di distanza dalla sfortunata visione del bel Tony Manero (purtroppo orfano della parte iniziale del film).
Gli amici che l’accompagnano, memori del vecchio Nosadella, magnificano subito gli spazi, la pavimentazione in porfido e le poltrone comode della nuova sala.
“Dici che avranno poi risolto il problemino dell’altra volta?” Sfottono.
“Speriamo”
Quando la proiezione inizia, all’orario stabilito, la sala è gremita.
Scorrono i titoli.
“Beh! Direi, tutto bene no?” la sgomita un amica, ma le prime immagini appaiono già sgranate.
“E’ sfocato!” Conviene uno del pubblico nelle prime file.
Un responsabile si alza per andare a controllare, con l’aria di dire “ora, ci penso io” e rientra quasi subito.
Ma nulla è cambiato e i titoli sullo schermo rimangono illeggibili
“E’ ancora sfocato!” urla un altro più forte.
“Sfo-ca-to!” Si sfogano in coro anche quelli dietro.
Il tipo di prima si rialza con la faccia di chi stavolta risolverà “veramente” il problema, ma non rientra più.
Così il film procede con le didascalie che scorrono come macchie bianche sul fondo dello schermo.
Il pubblico protesta ancora per un po’, poi si rassegna.
Gli occhi nel buio si ostinano nel tentativo di concentrarsi anche dopo il chetarsi degli ultimi mugugni, prima di dargliela su.
Ormai i personaggi si confondono tra loro, indistinti sullo schermo, ma quando il pubblico esce ha la faccia contrita di chi ha comunque compreso l’immane tragedia.
Povero Nosadella!
Katyn – Polonia 2007 (118’)
Regia: Andrej Wajda
Con: Andrej Chyra, Maja Ostaszewska, Artur Zmilijewsky, Danuta Stenka, Jan Englert
Nella primavera del 1940 dopo l’invasione della Germania e lo sconfinamento dell’Armata Rossa, subiti dalla Polonia (che si erano accordate a tavolino la spartizione del territorio), circa 15.000 soldati polacchi furono giustiziati nelle foreste di Katyn, Tver e Kharkov.
Fino al 1990 l’esercito nazista venne ritenuto, a torto, l’unico responsabile dell’eccidio, solo in quell’anno le autorità sovietiche ammisero che a commettere il crimine era stata la polizia politica russa.
In quei boschi ha perso la vita lo stesso padre del regista, Andrej Wajda, e il film è soprattutto un omaggio onesto e commovente alla sua memoria.
Che il Nuovo Nosadella sia con voi!
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