Se ti mangio è solo per amore, non per fame. La fame che mi consuma è fame d’amore, della tua pelle rosa, dei tuoi fianchi rotondi, delle tue mammelle. Quante volte ti ho posseduta mentre strillavi di inquietudine o paura, ne ho perso il conto. Sei cresciuta e sei maturata, le tue forme femminili sempre più piene sono entrate nei miei sogni più torbidi. Ti ho morso selvaggiamente la schiena stringendoti fino a farti male, ti ho costretta in ginocchio fin quando non ti sei arresa all’apice del mio piacere, succube e sfinita dal resistere alle mie spinte, ma senza godere e senza riconoscenza. Per te è solo un movimento meccanico, qualcosa che si muove nella tua parte più oscura e vulnerabile, coperta di peli biondi e leggeri, rosa come una rosa di maggio, umida come una lumaca che esca dal guscio. Per me è il tutto, è l’essenza del mio esistere, è l’ossessione dei miei giorni e la mia speranza di domani. Ma tu continui a restare fredda, vivi il nostro rapporto con distacco. È vero, finora non ti ho mai chiesto altro ma solo adesso mi rendo conto del mio egoismo e della mia stupidità. Ti prego, ascoltami, non rendere inutile il mio ravvedimento, cerca di capire. Ora sento il dovere di far godere anche te, anzi vorrei di più, vorrei che anche tu raggiungessi l’apice dell’estasi proprio mentre la raggiungo io. Non dici niente. Mi guardi, e da come mi guardi capisco che non ci proverai nemmeno. Tu non lo sai, ma ieri ti ho vista.
Ti ho vista mentre ti strusciavi a quel maiale del tuo vicino. Con lui si, con lui potresti godere, ma non con me che ti ho dedicato gli anni migliori.
E allora adesso ti prendo, come al solito, da dietro, ti trattengo per il codino rosa e mentre ti possiedo, nel momento cruciale, ti pianto questo coltello tra le scapole e ti condisco, di sperma e di sale, di sperma e di pepe, di sperma e di aglio. E poi ti cuocerò, a fuoco lento in porchetta, e ti mangerò, fino all’ultimo boccone. Solo io e nessun altro potrà assaporare le tue giovani carni di scrofa. Nello stabbiolo accanto al tuo il verro immaturo a cui ti strusciavi lancia strilli insopportabili, ma non potrò mangiarlo, dopo di te sarò vegetariano.
Maurizio Pagnini vive e lavora a Firenze, scrive per uccidere la noia. È stato premiato in concorsi letterari minori.
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