La Birmania (il cui nome ufficiale è però, da quasi vent'anni, Myanmar) ogni tanto fa la sua fugace apparizione sulle pagine dei giornali nazionali con notizie sulla dittatura militare, sui tentativi di rivolta popolari, sugli eterni arresti domiciliari del Premio Nobel Aung San Suu Kyi, o per drammatici ed eccezionali catastrofi come il ciclone Nargis. Nel complesso però - fatto salvo uno zoccolo di viaggiatori, di persone interessate al mondo in generale e/o all'Asia in particolare, attente quindi alla geopolitica internazionale - non credo che l'italiano comune conosca molto di questo affascinante benché vessato paese.
I lettori sanno bene quanto un valido romanzo ambientato in uno scenario estero contemporaneo (che sia ben documentato e sufficientemente "vissuto" e soprattutto d'aderenza alla realtà "almeno" buona) oltre ad adempiere alla propria funzione evasiva rappresenti anche un'occasione per accrescere conoscenze. In tal senso, la trama di In Birmania, del francese Christophe Ono-dit-Biot, potrebbe farci sapere di più sulle luci e sulle ombre del Myamar, per quanto attraverso il filtro occidentale. Questo è infatti la quarta di copertina: "Destinazione Birmania: sembra questa l'ultima chance di successo per César, insoddisfatto redattore di un giornale francese. Una disastrosa vacanza e la brusca conclusione di quella che sembrava una lunga e rassicurante storia sentimentale mettono in moto un'inaspettata voglia di rivalsa, sotto forma di un biglietto aereo per Rangoon e di un obiettivo ambizioso, uno scoop da grande giornalista: realizzare l'intervista al maggior trafficante di droga di tutti i tempi.
Nessun aggancio, nessuna pista, solo un visto turistico e, sul sedile accanto in aereo, un militare in uniforme e occhiali neri, biglietto da visita di un paese devastato dalla dittatura e dal terrore. La Birmania accoglie César con il suo doppio volto: quello dell'esplosione di una bomba nel centro della capitale e quello delle sensuali donne dai lunghi capelli neri che si offrono a ogni angolo delle strade e dei locali. Un doppio volto che sembrano avere anche tutti quegli occidentali che della Birmania hanno fatto la loro seconda patria, idealisti che lottano per i diritti della popolazione e allo stesso tempo non resistono al canto delle sirene fasciate nei loro colorati longyi. Ma la fortuna sembra proprio aver girato, per César, nel momento in cui incontra Julie, bionda e tenace medico dal fascino a volte malinconico e dall’appassionata determinazione. Julie accompagna César al centro non solo del suo cuore ma anche del paese, mettendolo sulle tracce di una figura mitica della ribellione politica birmana: Wei-wei, la donna-tigre che guida l’opposizione dalla giungla asiatica facendo sentire solo la sua voce attraverso la radio.
E così, tra le popolazioni del Triangolo d'oro e la corrotta gioventù della capitale, tra militari cinici e monaci buddhisti sottomessi, tra paesaggi incantati e le mille contraddizioni del sud-est asiatico, la sfida di César si gioca non tanto sul piano professionale quanto su quello, ben più importante, della ricerca della verità."
Christophe Ono-dit-Biot è giornalista di professione, attualmente lavora alla redazione di Point. Come scrittore, ha pubblicato quattro libri: Désagrégé(e) (Plon, 2000), Interdit à toute femme et à toute femelle (Plon, 2002), Génération spontanée (Plon, 2004) e questo Birmane (Plon, 2007), che ha vinto il Prix Interallié.
Christophe Ono-dit-Biot, In Birmania. Collana Scrittori Stranieri, Cairo Editore. Pagine 384. Euro 18,00.
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