La caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione Sovietica ha provocato, tra altri effetti ben più preoccupanti, la diffusione in Occidente del noir russo, peraltro assai vivace, anche se quasi mai tradotto in Italia, sin dai tempi del regime sovietico.
Accanto ad autori magari più popolari ma meno interessanti, come Alexandra Marinina, e ad altri assai più sofisticati ed elitari, come Nikolaj Spasskij, la vera novità di questi ultimi anni è costituita dall’opera del georgiano (anche se nella sua terra d’origine è rimasto appena due anni per poi trasferirsi a Mosca) Grigori Tchkhartichvili che a lungo si è fatto apprezzare dagli addetti ai lavori come esperto (e traduttore in russo) di letteratura giapponese.
Poi, a partire dagli anni Novanta, ha deciso di convertirsi al noir scegliendo uno pseudonimo ammiccante (B. Akunin, letto di seguito, ricorda infatti il nome del celebre anarchico) e optando per la variante del giallo storico, contaminandolo peraltro con generi affini. Lo sfondo dei nove romanzi (in Italia tradotti solo otto, di cui l’ultimo è, appunto, Incoronazione) del ciclo di Fandorin (che è solo uno dei tre in cantiere) è infatti la grande Russia della fine del XIX secolo in cui si muove il suo eroe, Erast Petrovič Fandorin, una sorta di investigatore privato che lavora spesso per il governo pur senza essere inquadrato nelle ordinarie forze di polizia.
La scelta del giallo storico e dell’Ottocento come sfondo, comune a molti scrittori anche occidentali (basti pensare ad Anne Perry) si potrebbe spiegare con il vicolo cieco in cui si è andata a cacciare la letteratura d’indagine negli ultimi decenni. Spinti da un forte vena realistica molti autori hanno dovuto fare i conti da un lato con una realtà socialmente sempre più disarticolata, con la desolazione delle metropoli del Terzo Millennio, con la fredda e ripetitiva ferocia sanguinaria dei serial killer; dall’altro con l’estrema specializzazione delle forze dell’ordine, con il progredire delle tecniche e delle tecnologie investigative, con la progressiva disumanizzazione del rapporto detective/criminale. In tal modo molti scrittori sono stati costretti a superare ogni volta limiti che parevano invalicabili alla generazione precedente (sul tema, ormai abusato del serial killer basta vedere la differenza che passa tra un romanzo della Cornwell e uno della nuova stella del sottogenere, Kathy Reichs), creando un veloce senso di assuefazione nel lettore. I cultori del mystery classico così spesso hanno dovuto battere in ritirata e hanno preferito tornare indietro nel tempo richiamando alla memoria le gesta dei primi eroi della letteratura poliziesca.
B. Akunin in effetti non ha semplicemente preso un fondale accattivante (e fondamentalmente esotico per i lettori occidentali) per le sue storie, ma ha fatto rivivere, col suo Erast Fandorin, i fasti del feuilleton alla Gaboriau o alla Leroux, i duelli all’ultimo sangue tra Holmes e il dottor Moriarty, l’amore per l’avventura di cappa e spada cara a Dumas, ma senza dimenticare il meccanismo ad orologeria del giallo e uno sguardo limpido (anche se attraverso il velo della distanza temporale) sulla realtà russa.
Il risultato si può definire senz’altro buono, come dimostra anche quest’ultimo romanzo, Incoronazione, che prende il via appunto dai frenetici giorni che precedono e seguono l’incoronazione dell’ultimo zar di tutte le Russie, Nicola II, nel 1896.
La vicenda del rapimento del piccolo cugino dello zar e la richiesta di un riscatto esorbitante (il diamante Orlov, anche se in realtà il vero obiettivo è quello di destabilizzare la casata dei Romanov) da parte di un inafferrabile supercriminale, il dottor Lind, fornisce l’intreccio su cui poi Akunin ha modo di giocare coi suoi personaggi in un modo forse non più possibile agli autori più duri del noir contemporaneo.
L’intera storia è narrata in prima persona da Afanasij Stepanovič Zjukin, maggiordomo della Casata Verde (uno dei rami dei Romanov), perfettamente e dovutamente integrato nel suo ruolo di sacerdote dei riti dell’Imperial Casa. La sua assoluta e monacale devozione alle regole, al cerimoniale, all’ordine costituito (che è sempre meglio del caos) è fortemente messa in dubbio sia dal rapimento del bambino, a cui è sinceramente affezionato, sia dalla collaborazione antagonistica (ci si perdoni l’ossimoro) con il geniale Fandorin, aiutato dall’inseparabile giapponese Masa, sia dallo sbocciare di un dolce sentimento per la governante dell’augusto rampollo, l’affascinante Emilie Déclic.
Il buon Zjukin dunque è il testimone attonito (e spesso pasticcione) di una indiavolatissima vicenda fra svenevoli granduchessine, lord e maggiordomi, criminali dei bassifondi e nobili dongiovanni, granduchi che si travestono per soddisfare le loro inclinazioni sessuali e Fandorin che si traveste con la spregiudicatezza di un Fantomas per far trionfare il Bene.
L’abilità dello scrittore georgiano nel miscelare i vari ingredienti, non dimenticando il filtro necessario dell’ironia, è davvero stupefacente e spiega il clamoroso successo ottenuto in patria e all’estero, non ultima l’Italia che, a giudicare dalle traduzione e dalle vendite, sembra essersi affezionata a questo estremo epigono dei superuomini di massa tanto cari a Umberto Eco.
Voto: 8
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