Rosso
Devo seppellire le prove rimaste.
Apro gli occhi, sbattendoli assonnato.
Rosso.
Vedo rosso.
Non ho altro davanti agli occhi. Solo rosso.
Il tuo colore preferito, Serena.
Quella tua macchina, quella che ti portò al locale, capelli al vento.
Rossa. Rossa e brillante.
Ti ho spiata dalla finestra, bicchiere in mano, ti ho ammirata entrare, desiderata ed avvicinata; rossa desiderio, rossa irresistibile.
Sbatto gli occhi, dilato le narici.
Nel naso uno strano odore.
Nulla a che fare col tuo profumo, l'effluvio eccitato che emanavi muovendoti flessuosa tra quelle quattro mura.
Circondò tutti noi.
Anch'esso rosso.
Rosso tutt'intorno a me.
Come quel tramonto insieme sull'oceano, i riflessi cremisi nei tuoi occhi, le labbra ancor più accese. Languide e lucide.
Dove sono?
Mi sento sospeso sopra una nuvola rossa; nessun suono oltre il mio respiro.
Galleggio disteso in un oceano d'aria dura.
Tu sei qui con me?
Ti prego, dimmi di sì, dimmi che mi sei vicina.
Vicina al mio corpo così come sento vicine le mie braccia e le mie gambe; immobile come loro, solo i nostri respiri uniti, e il rosso ad abbracciarci caldo.
Devo seppellire le prove rimaste.
Rosso sulle mie labbra, ancora in bocca il sapore degli aperitivi dopo il sesso clandestino, sui miei polpastrelli le stoffe pregiate con cui vesti la tua pelle morbida. Stoffe rosse.
Rosse.
Come se fossimo sul tuo letto a baldacchino, le tende colorate di sangue testimoni della nostra segreta passione.
Sei qui con me?
Ti voglio. Hai sentito? Ti voglio.
Così come ti volevo quella mattina.
Quando diventai tuo complice. Quando decidemmo della sua vita.
Senz'aria.
Come se mi stessi togliendo il fiato, esperta; immagino di sentire calze di seta intorno al mio collo, e il tuo collo stretto nella cinghia, il suono rozzo e primordiale dei nostri orgasmi strozzati e squassanti.
Immobile.
Come se tutto fosse finito, il piacere, le forze, la vita.
Non mi riesce facile respirare.
Facile è stato farsi conquistare da te, facile è stato darti piacere, facile fu entrare dalla finestra al primo piano, sorprenderlo alle spalle e strapparlo alla vita, soffocandolo.
C'è odore cattivo qui; come quello che c'era nella stanza dove lasciai il suo cadavere prima di portarlo lontano, il laccio in nylon ancora intorno al collo, la pelle lacerata e tagliata, la chiazza umida sul suo completo.
Rossa.
Come l'esplosione all'interno della sua macchina, le fiamme che si levarono alte verso il cielo, incenerendo ogni prova.
Come la corona di fiori che spedimmo arditi al suo funerale.
L'odore qui è strano. E anche l'aria. Pesante.
Troppo pesante.
Come quella sera al casinò, spesa alla roulette a gettare soldi sul rosso, baciati delle luci e dagli sguardi dei presenti, il respiro affannato di chi ha appena vinto o perso una fortuna. Di chi è oltre il piacere lecito.
Il respiro affannato di chi non ha più aria da respirare.
Rosso.
Rosso come i riflessi di quel rubino fantastico, nascosto in cassaforte con altri tesori; tesori un tempo suoi, tesori che sono diventati tuoi.
Come il vestito che indossavi la sera che abbiamo brindato alla riuscita del piano. Il tuo. Il nostro.
Rosso.
Come il colore che vidi subito dopo aver bevuto, come il sorriso maligno sulle tue labbra pittate, come le parole che mi sussurrasti, solo ora ricordo, prima che perdessi i sensi, ingannato.
Devo seppellire le prove rimaste.
Adesso ricordo ogni cosa. Ora sono finalmente lucido.
Ora capisco.
Capisco e riesco a muovermi; scalcio, urlo, vibro, picchio.
Disperato.
Annaspo.
E piango.
Piango esattamente come pianse lui.
Rosso.
Come il colore del mio sangue, che esce furibondo dalle mie mani distrutte, scarnificate fino all'osso, nel tentativo di crearmi una via d'uscita, di aprirmi un varco attraverso il velluto rosso e il duro legno di questa bara, attraverso i metri cubi di terra maledetta sopra di me...
Rosso.
Il colore che vedo intorno a me
L'ultima cosa prima di morire.
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