Non c’è una donna-poliziotto o una investigatrice privata che non abbia una situazione personale o familiare da brivido. Questo già si sapeva, ma pensavo che continuando il mio lavoro di ricerca potessi trovare un qualche miglioramento. Dopotutto la speranza è l’ultima a morire. Rimpolpo un po’ quello che ho già scritto con le ultime scoperte pensando di fare cosa gradita ai lettori di questa rubrica. Tolgo il nome degli/delle autori/autrici e i relativi titoli dei libri per rendere il tutto più snello.
Dunque andiamo al sodo. Grassa se i suoi genitori sono vivi. Cito Tess Monaghan di Baltimora uno dei pochi esempi. Ultimamente, a dire il vero, anche Regan Reilly che lavora a New York ed è pure felicemente sposata. Il classico fiore nel deserto.
In caso positivo stai sicuro che risultano divorziati (la mamma sprint di Nan Vining ha quattro matrimoni alle spalle). Uno dei due, di solito il padre (chissà perché), deve essere già sotto tre metri di terra. Anche per fratelli o sorelle vale la stessa cosa. Se sono ancora vivi sono anch’essi sfortunati (come minimo divorziati o violentati) o hanno le rotelle fuori posto e possono perfino minacciarla di morte. Riporto qualche esempio tra i millanta che sono in circolazione.
Lena Gamble della Sezione speciale omicidi di Los Angeles ha una mamma scappata di casa, il padre morto per un incidente sul lavoro quando aveva sei anni, il fratello David ucciso.
Kinsey Millhone lavora nelle strade di Santa Barbara, ex santa Teresa, in California proprio sulle stesse strade dove si aggirava Lew Archer di Ross Macdonald. Piccola, scura, si tinge i capelli in maniera vistosa, vive in un garage e si sposta su una decrepita Wolgswagen. I genitori ce li avrebbe ma li perde in un incidente stradale (ma guarda un po’).
Petra Connor “cresciuta in Arizona con cinque fratelli e un padre vedovo” (tanto per gradire) si è anch’essa sposata ma poi divorziata. Innamorata di “un taciturno detective di nome Eric Stahl sfortunatissimo. Già sposato con moglie e due figli. Persi tutti.
Temperance Brennan (Tempe) non è da meno. Misteriosa scomparsa dei suoi genitori quando ha appena quindici anni e abbandono del fratello Russ che l’ha “infilata” nel circuito delle adozioni. “Salvata” dal nonno (meno male).
Siamo nei bassifondi di Manhattam negli anni cinquanta con Josephine Flannigan detta Joe, una tossica uscita dal giro da due anni. Niente si sa del padre, trascurata dalla madre se ne va via di casa occupandosi della sorella più piccola, Shelley. Droga e prostituzione per tirare avanti.
Anche V.I. Warshawski, una quarantenne russa abile nelle arti marziali, soprannominata Vic, la famosa detective con i tacchi a spillo, ha perso i genitori. Ha una relazione con un giornalista che la tradisce continuamente. Si innamora di un giocatore di hockey divorziato.
Cordelia Gray, per quanto mi ricordi (non ho voglia di scartabellare tra i libri), perde la madre appena nata ed il padre, almeno per un bel periodo, se ne frega altamente. Quando se ne occupa togliendola dal convento sta sei mesi con lei facendole fare tutti i lavori domestici per lui ed i suoi compagni. Dopodiché muore (se Dio vuole).
Un po’ meglio per Smilla Jaspersen (vive a Copenaghen), figlia di un noto medico e di una donna inuit “pescata” in Groenlandia. Inutile dire che la convivenza è difficile e i due non possono restare insieme.
Non se la scampa nemmeno se vive nel Medioevo come Adelia Ortese Aguilar, la “Kay Scarpetta del XII° secolo”, abbandonata tra le pietre del Vesuvio e “raccolta” da due genitori adottivi, il padre ebreo e la madre cattolica.
Margaret Kerr, che passeggia sempre nei cosiddetti (a torto) tempi bui, il marito ce l’ha ma è sempre in giro e non lo vede da cinque mesi. E un pensierino su un altro lo fa.
Se è giovanissima come Blanche Paicham, diciassette anni, e fortunata ad avere i genitori, può capitare che si ritrovi lo stesso da sola a Parigi (siamo nel 1870) separata da loro in un momento di confusione dovuto alla guerra. E dunque è come se non ce li avesse. Aiuta nelle indagini lo zio Gaston Loiseau, ispettore di polizia.
A dire la verità la situazione va un po’ meglio se si va a cercare le nostre eroine dell’Ottocento spesso ereditiere e senza troppi problemi familiari, ma si può incontrare anche il caso di Sarah Fairbanks, una maestrina di campagna a cui hanno ucciso il padre, sospettata essa stessa del delitto insieme al suo fidanzato.
La sfiga può tranquillamente allargarsi a cerchi concentrici sugli/sulle amici/amiche e perfino sugli/sulle amici/amiche degli/delle amici/amiche. Crystal, l’amica di Laurel Damron (protagonista principale), per prima cosa perde i genitori, poi partorisce un bambino senza vita, ed infine viene lasciata dal marito. Monica (altra amica) è più fortunata. Perde solo la madre, poi il padre si sposa di nuovo ma la moglie non ne vuole sapere di lei e viene spedita presso una prozia. Anche Mary, sempre amica della suddetta, (e sorella di Faith finita morta impiccata per un gioco pazzesco e sfortunato), viene abbandonata dal marito Neil Kamrath (niente di nuovo sotto il sole). Il quale marito perde moglie e figlio in un incidente stradale (e qui per istinto riflesso mi sono toccato). Talvolta la sfortuna colpisce gli affetti più vicini come Sherry Carter, la nipote di Cora Felton, che vive con lei per evitare le violenze del marito.
Tolta di mezzo la parentela e le amicizie passiamo alla nostra detective. Anch’essa divorziata almeno una volta. Vedi Stephanie Plum che però, udite udite, ha ancora i genitori, oppure la più celebre Kay Scarpetta insieme a Precious Ramose e non c’è bisogno di andare oltre. All’occorrenza i divorzi diventano due (una bomba per gli appassionati di Petra Delicado. Si è sposata nuovamente! E siamo a tre…) con l’ex marito che le sta ancora tra i piedi e perfino nella stessa casa. E che magari conosce anche il suo nuovo fidanzato. Elina Wiik, trentaduenne non è divorziata. Evviva! Ma ha una relazione con Martin, un uomo sposato. E ti pareva…
Se il matrimonio funziona (una su mille ce la fa come Jane Rizzoli che aspetta un bambino e la già citata Regan Reilly) mettiamo pure in conto che può ritrovarsi vedova in quattro e quattr’otto con l’amico poliziotto che le fa una corte spietata per prendere il suo posto (quello del marito). Ce ne sono diverse. Per esempio Angie Gennaro, investigatrice privata di Boston che lavora in coppia. Dal suo rapitore Trevor Stone si sa che ha perso suo marito (anzi l’ex marito precisa lei) cinque mesi fa. Oppure Kathryn Dance, agente della California Bureau of Investigation, esperta in cinesica (sua dolce metà,William Swanson, morto in un incidente) con due figli, Wes e Maggie e due cani, Dylan e Patsy. E aggiungo Sarah Brandt che ha dei ricordi teneri del suo Tom. Essi scompaiono all’improvviso quando si trova sola con Frank Malloy, vedovo anche lui che, per non perdere il gusto delle disgrazie, ha il figlio Brian con una grave malformazione ad un piede. Da vedova le può pure capitare pure di veder morire i frutti del suo amore, tanto per completare il quadro.
Se il matrimonio non funziona può essere tranquillamente lasciata insieme con un paio di mocciosi a farle compagnia. Al limite con un cane o gatto che sia, ma va bene un qualsiasi animaletto di fiducia (mi pare anche un maialino femmina per Lindsay Boxer). F ortunata se si becca solo le corna (Annika Bengzton) o se rimane separata in casa (Katy Klein). Jacqueline “Jack” Daniels viene lasciata prima dal marito e poi dal fidanzato. Maria Luisa Gangemi non ha questa fortuna. Rimane sposata con Attilio. Solo insulti e botte.
Se invece non si sposa, visto il vento che tira, non è che la faccia franca. Avrà un sacco di fidanzati (Mariarita Fortis, se non sbaglio arriva a undici) che la prenderanno in giro o che prenderà in giro perché è una donna moderna e disinibita. Non se la cava nemmeno da lesbica perché le si presenteranno (quasi) tutti gli stessi problemi. Ma non è finita qui. Troppo comoda. Sia per il lavoro che svolgono, sia per i vari accidenti della vita, sono talvolta in compagnia della depressione (cito, per esempio, Rebecka Martinsson o anche Lucia Dove per due anni in terapia), oppure, pur combattendo il crimine, ne sono attratte in maniera patologica come Lucie Henebelle.
L’unica soluzione plausibile per una pace almeno domestica è la detective suora. E infatti in giro se ne vedono parecchie (Pelagija, Ursula, Fidelma, Suor Ottavia Salina ecc…) ma non è tutto oro quello che luccica. Il Padrone a cui devono ubbidire è piuttosto esigente e le tentazioni umane sono sempre in agguato…
Ma perché questa scelta preponderante di detective lady tanto sfortunate? Risposta semplice. Se il lettore è sfigato pure lui si troverà in perfetta sintonia con la protagonista, si sentirà meno solo (non capitano tutte a me) e dunque seguirà con maggiore partecipazione le vicende della sua eroina. Se invece, diciamo, ha una vita normale senza troppi sobbalzi familiar-sentimentali, allora si instaurerà con lei un rapporto di simpatia protettiva e ringrazierà il Cielo di essere così fortunato. Al punto in cui è giunto il romanzo poliziesco oggi “il personaggio di partenza deve essere il più assurdo possibile” dichiara lo scrittore Giuseppe Ferrandino. Assurdo può darsi ma sfigato di sicuro. Se poi le due caratteristiche si associano allora sarà un successone. Al cento per cento.
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