Le tre scimmie, un thriller probabilmente...

Un thriller probabilmente abilmente camuffato da mélo, o ancora più probabilmente un noir che li include entrambi. Comunque la si veda, il tutto è di sfolgorante bellezza visiva il che la dice lunga sull’abilità pittorica del regista turco Nuri Bilge Ceylan. Ad abitare le immagini poi, un quartetto d’attori di capacità espressive semplicemente al di là di ogni immaginazione, attori, perfettamente sconosciuti qua da noi, per i quali tenere un primo piano con una intensità crescente, e facile come sbattere gli occhi.

Il pericolo che un film così corre, è uno soltanto, quello di rischiare di essere raccontato come “lento e inguaribilmente narcisista”. Siccome non è così, lo si racconterà in altro modo.

Le tre scimmie (non vedo, non sento, non parlo) ha inizio in un modo anche banale: una notte e un uomo, assonnato, alla guida di un’auto. Un incidente (sul quale cala un’ellissi) e una vittima. L’investitore, un politico in piena campagna elettorale e quindi estremamente sensibile alle ricadute che un evento del genere potrebbe avere sulla sua elezione, chiede al suo autista di prendersi la colpa e di scontare la pena al suo posto. In cambio, gli assicura, si occuperà della moglie e del figlio…

Dal momento in cui l’uomo entra in prigione, nulla sarà più come prima per nessuno dei quattro, a cominciare dalla relazione che nascerà tra la moglie dell’uomo e il politico...

Ceylan si serve di un grimaldello a tre punte, thriller-noir-mélo, per scardinare la porta superata la quale si ha accesso a quei territori dove il non detto diventa un macigno, le bugie sono il pane quotidiano e il dolore si fa lacerante, soprattutto quando un equilibrio, forse già compromesso, riceve la spallata finale.

Macchina fissa senza indugi e sbavature, è così e basta mentre le immagini che Ceylan via via filma, sono di un’intensità e una bellezza ineguagliabile: primi e primissimi piani di volti mai banali, ancora primi piani perfettamente a fuoco e sfondi sfocati e lattiginosi, terre di nessuno dalle quali emerge a tratti una presenza inquietante che mostra quanto il passato sia destinato a premere sul presente. Qualcosa andrà perduto (qualcuno morirà, un ellissi anche stavolta…), qualcos’altro nonostante tutto rimarrà unito. A chiudere il tutto l’acqua sotto forma di pioggia.

Forse anche troppo per un solo film…

Premio per la Miglior Regia al 61mo Festival di Cannes.