Arriva Lena Gamble…
Aggiungo alla corposa lista delle detective lady Lena Gamble della Sezione speciale omicidi di Los Angeles. Qualche spunto veloce: sfigata come quasi tutte le donne poliziotto con la mamma scappata di casa, il padre morto per un incidente sul lavoro quando aveva sei anni, il fratello David ucciso. Vive in una villetta appollaiata in cima ad una collina che domina Hollywood ereditata dal fratello. Due anni alla narcotici, sei mesi ad indagare sui colletti bianchi e due anni e mezzo alla omicidi. Suo partner di lavoro Hank Novak sfigato pure lui. Divorziato con tre figlie di cui una si dà alla droga e all’alcol. Bella donna (mi sfugge ora l’età) attratta dal collega Stan Rhodes ma niente da fare. Si sposta su una Prelude, risolve i cruciverba (chi non ricorda la Cora Felton di Parnell Hall, la famosa “Signora degli enigmi”?), beve caffè e vino. Mai sparato in servizio, mai ucciso nessuno (però andate a vedere in fondo alla storia…), tormentata dagli incubi della morte di David. Forte, risoluta, se c’è da entrare nella casa del crimine senza autorizzazione non ci pensa due volte. Piena di rabbia che trattiene a stento si ribella anche ai superiori (mi ricorda Tempe Brennan). Questo peperino si trova in Romeo sanguina di Robert Ellis, Mondadori 2008.“Una moglie selvaggiamente mutilata nel suo appartamento. Un marito il cui alibi fa acqua da tutte le parti. Un caso che sembra chiuso ancora prima che inizino le indagini. Una detective che dubita perfino delle prove più schiaccianti. Un enigma celato in due indizi apparentemente privi di senso che portano direttamente ad altri efferati delitti…”.
Insomma abbiamo un serial killer che se la spassa accoltellando le vittime e lasciando come firma un disco con le sinfonie di Beethoven e tutta la polizia che gli dà la caccia con il patologo, l’analista che ci offre il profilo dell’assassino (un classico) e via via tutti gli altri. Abbiamo anche la conoscenza diretta del criminale con le sue paturnie e non è solo…
Finale che ricongiunge dignitosamente tutto l’ambaradan e ci porta allo scontro diretto. Prosa piacevole, fluida senza tanti intoppi che riesce a raccogliere dignitosamente uno schema già conosciuto ma reso interessante con piccole varianti. Un titolo impossibile (l’originale “City of Fire”) da tirare in testa al suo ideatore un Malloppone di almeno ottocento pagine.
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