Da manata galattica…
Quando grido “Bruciate i cassetti!” rivolto a tutti gli scrittori che hanno pronti nuovi lavori si tratta evidentemente di una iperbole dovuta in parte al mio istinto un po’ goliardico (lo Smocovicce dice che sono turbe senili) e dissacratorio. Ma solo in parte perché per un bel numero si tratterebbe, invece, di un ordine da eseguire immediatamente. Come nel caso di Morte sull’isola di Stuart Woods, Longanesi 2008.
“A cena da Elaine’s, il suo ristorante preferito, Stone Barrington viene a sapere che Dick Stone, un cugino con cui non ha contatti da anni, è stato trovato morto insieme alla moglie e alla figlia nella sua casa a Dark Harbor, su una piccola isola al largo delle coste del Maine. Un tipico caso di omicidio-suicidio, affermano gli inquirenti. Forse con troppo ottimismo. Nominato esecutore testamentario dalla vittima, Barrington si trasferisce sul luogo del crimine, accompagnato dall’ex collega Dino Bacchetti, dall’avvenente Holly Barker e dal capo di lei, Lance Cabot, direttore di un’unità della CIA di New York…”
Ma qui basta e avanza. Sono rimasto allibito. Personaggi evanescenti, psicologie elementari, il solito schema fritto e rifritto che si trova in altri libri fritti e rifritti, dialoghi da scuola media, telefonate su telefonate ad ogni ora, ad ogni minuto, ad ogni secondo, il solito sesso, la solita vittima preda dell’assassino. Scrittura banale, scolastica a dimostrazione che oggi si butta tutto, ma proprio tutto nel calderone del giallo inteso in senso lato.
Il mediocre è già un voto di lusso.
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