Cosa c’entra il cinema di Kubrick con le interviste? Il messaggio di Shining si può dilatare a una riflessione sulle radici del Male e del suo opposto: il passato oscuro racchiuso nella stanza 237, nella quale il custode di un vecchio albergo - l’Overlook Hotel - aveva riposto i cadaveri dei familiari, la follia prima sopita poi esplosa nell’animo di Jack, il protagonista, simbolo dello scontro tra le forze del bene e quelle del male. Lo Shining è la luccicanza di un bambino (e di un cuoco) che riescono a vedere oltre la coltre del tempo e dell’apparenza, è il potere di restituire alle cose la loro vera essenza. In tale direzione vanno le interviste di questa rubrica: un filo diretto con i giallisti per scoprire i loro pensieri reconditi, i loro desideri, i loro incubi, la lucentezza che possiedono, spesso in virtù del potere narrativo che a volte è talento innato, a volte sapiente conquista. Qui le opere non sono il fine ultimo ma una traccia, un’immagine appena lambita, un viatico vitale per entrare in profondità più nascoste. Così lo Shining può essere una frase, un frammento di vita, un ricordo, un momento di paura. Sempre sotto la luce sfumata della scrittura perché, come scrisse Jorge Luis Borges, Scrivere non è niente più di un sogno che porta consiglio.