Il tabarro è un’opera in un atto di Giacomo Puccini, facente parte del Trittico, il libretto è di Giuseppe Adami ed è tratto da La houppelande di Didier Gold.
La prima ebbe luogo il 14 dicembre 1918 al Metropolitan di New York. L’accoglienza dell’opera da parte del pubblico e della critica fu tiepida, così come alla prima rappresentazione italiana che avvenne a Roma, al Teatro Costanzi l’undici gennaio 1919.
Ritoccata la partitura dal Maestro lucchese, Il tabarro si è guadagnato un posto di tutto rispetto tra le opere di Puccini.
La miseria della vita proletaria nei sobborghi è più che mai evidente lungo le sponde della Senna. Un retroscena lugubre e pittoresco.
Nella composizione di Puccini, il fiume ha una voce propria, già presente nella introduzione e si riaffaccia in tutta l’opera. E l’atmosfera è pervasa da una profonda tristezza, preludio al presentimento di morte.
“Chi ha vissuto per amore, per amore si morì”.
La trama:
E’ il tramonto. Michele, già avanti negli anni, attracca il suo barcone al molo della Senna, mentre gli scaricatori portano a termine il duro lavoro.
Si sente la musica di un organetto. Lo scaricatore Tinca invita Giorgetta, la moglie di Michele, parigina e molto più giovane di lui, a ballare, ma Luigi lo spinge da parte.
Giorgetta ripensa con nostalgia a quando viveva felice in un sobborgo di Parigi, proprio da dove proviene il giovane Luigi e appare insofferente e assai scontrosa, segni che denotano una crisi matrimoniale e fanno insorgere in Michele il sospetto che ci sia un altro uomo nella vita della donna.
Infatti, Giorgetta è innamorata di Luigi, che ogni sera, richiamato dal tenue chiarore di un fiammifero acceso, la raggiunge protetto dall’oscurità.
“La giornata è già buia alla mattina!”.
Hai ben ragione. Meglio non pensare,
Piegare il capo ed incurvar la schiena
Michele è disperato, vede il mondo crollargli addosso, e cerca di risvegliare nell’animo della moglie l’ardore e la passione di un tempo, ricordandole il loro bambino, poi morto, la cui breve esistenza aveva accompagnato il loro amore. Correvano i giorni felici in cui Giorgetta e il figlio cercavano riparo nel suo tabarro.
Ma quando lui tenta di stringerla fra le braccia, Giorgetta si ritrae inventando una scusa. Poi si ritira nella sua camera aspettando che il marito si addormenti per incontrarsi con Luigi.
Michele esita, rifletta su chi possa essere l’amante di sua moglie e medita vendetta. Per calmarsi un po’, accende la pipa. Ingannato dal segnale luminoso, Luigi balza sul barcone credendo di trovarci Giorgetta. Michele gli è sopra, lo immobilizza, lo afferra per la gola e lo costringe a confessare il suo amore per Giorgetta, quindi lo strozza.
Ne avvolge il corpo esanime dentro il suo tabarro.
La moglie, ignara di tutto, esce dalla cabina, come spinta da uno strano presentimento.
Incontra Michele, gli si avvicina e costui apre il tabarro lasciando cadere a terra il cadavere di Luigi.
Giorgetta indietreggia urlando, ma il marito la scaraventa violentemente sul morto.
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