Pepe Carvalho e il tramonto: la morte.
Un solo delitto, questa volta, per l’investigatore di Manuel Vázquez Montalbán; anzi, a dire il vero, neanche direttamente. Qualcuno annuncia con lettere anonime che un centravanti verrà assassinato all’imbrunire, e subito si pensa al nuovo acquisto del Barcellona, Mortimer, nomen omen. Pepe viene ingaggiato per far luce.
Siamo a pochi anni dal ’92 e Barcellona si sta facendo bella per le Olimpiadi, per la felicità di estetisti con le ruspe e parrucchieri speculatori. Una città che aspetta che il Mediterraneo si faccia di cemento e la inondi.
Il centravanti è stato assassinato verso sera corre su un confine, è sulla linea del crepuscolo, senza risparmiare nessuno: i personaggi, lucenti alcuni e in rovina altri; la Città, che nonostante tutto è ancora là, sospesa, nel suo cuore, poco oltre le Ramblas - calamita per turisti - su un quartiere per disgraziati; la febbre del nazionalismo catalano e un’intera nazione che ancora non sa dove e quando è finita la dittatura ed è iniziata la democrazia.
Bella domanda: quand’è iniziata la democrazia? Meglio: quando ci sbarazzeremo veramente delle dittature?
Contraddizioni, contrasti, pennellate sgargianti e vuoti di disperazione. Un romanzo che in tutti questi anni non ha perso la sua carica esemplare. Un affresco mediterraneo che tanto sarebbe piaciuto a Jean-Claude Izzo.
È la voce dei morti, sempre più chiara, che investe il nostro presente e il nostro futuro.
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