“È un prodotto vicino alla gente comune. Racconta storie semplici, di tutti i giorni. In una tv dove tutto corre, dove la parola d’ordine è innovazione, questo fumettone funziona.”
Also sprach Alessia Marcuzzi.
Così parlò la bionda show girl, sul Corriere della Sera del 20 febbraio rispondendo a una domanda della giornalista Maria Volpe che le chiedeva del perché del grande successo della serie.
A voler esser cattivi potremmo porre questa involontaria lapide sulla tomba di una produzione che anche quest’anno, puntuale come l’influenza e il Festival di Sanremo, è arrivata martedì 15 febbraio su Canale 5 ad allietare le innumerevoli legioni di fan. Questo è il quarto anno che, tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, l’allegra compagnia di militi della Stazione dei Carabinieri di Città della Pieve s’impone prepotentemente nel panorama della “fiction” italiana.
E non solo poliziesca: non bastassero le parole della Marcuzzi, ci pensa anche il regista Raffaele Martes a definire la sua creatura una commedia sentimentale.
Magari fosse così. Le cose, purtroppo, almeno per noi, stanno assai peggio.
Un passo indietro. Lo sdoganamento televisivo dell’Arma dei Carabinieri, di solito meno dotata di appeal rispetto alla Polizia di Stato, risale al 1996 quando il fenomenale Gigi Proietti offre un’interpretazione magistrale dell’ormai leggendario maresciallo Rocca, tutta giocata sul filo del rasoio tra “detection” e “commedia all’italiana” secondo uno schema ormai consolidato nelle produzione poliziesche del nostro paese. La formula, prima e dopo Rocca, prevede un attore dalla forte personalità, un buon gruppo di caratteristi e un giusto mix tra brividi provinciali e avventure sentimentali, appunto, da fumetto rosa. Ma come tutti i più famosi chef sanno, la ricetta da sola non basta: se non c’è la mano dell’artista la pietanza risulterà indigesta.
Quando Mediaset pensa nel 2001 di creare anche lei per l’anno successivo la sua brava serie con gli uomini dell’Arma, decide di cambiare qualche ingrediente: certo, ancora un veterano della commedia all’italiana, l’intramontabile Pino Caruso (nel ruolo del maresciallo); poi, senza dubbio, alcuni attori che coprono il versante comico (da Andrea Roncato – nel ruolo dell’appuntato Romano – a Vincenzo Crocitti – che interpreta il vicebrigadiere Bordi – in questi anni curiosamente a mezzadria con la Rai figurando anche nel cast di Un medico in famiglia); un tocco di classe con un bel tenebroso (Roberto Farnesi nei panni del brigadiere Testa); ma soprattutto l’intuizione vincente di utilizzare “attrici” che fino a quel momento hanno avuto più dimestichezza coi set fotografici – più o meno bollenti – che con l’arte della recitazione: Manuela Arcuri, Martina Colombari (peraltro già uscite dalla produzione), Alessia Marcuzzi e Elisabetta Canalis. In posizione eccentrica, da stralunato pazzo/saggio del paese un Paolo Villaggio costretto a utilizzare per l’ennesima volta gag e borborigmi che hanno reso ben altrimenti famosi i suoi Fracchia e Fantozzi.
È chiaro che se si mettono in batteria cannoni di tal calibro, la vicenda prenderà inevitabilmente una piega che, nel migliore dei casi, oscillerà tra giallo e commedia sentimentale; nel peggiore, tra bozzetto strapaesano e farsa.
Funestati dai più neri presagi abbiamo perciò visto lo scorso 15 febbraio i primi due episodi della quarta serie che hanno confermato l’impronta consolidata: carabinieri e carabiniere che amoreggiano da mane a sera; casti baci e, ogni tanto, qualche lingerie galeotta; casi polizieschi risolti tra una baruffa e una riconciliazione. E, ciliegina sulla torta in perfetta consonanza con lo spirito dei tempi, una new entry, Luca Argentero, che ha come invidiabile pedigree artistico quello di aver partecipato a una edizione del Grande Fratello.
E per un maresciallo Ferri (l’attore Ettore Bassi che ricordiamo a fianco di Massimo Dapporto nella fiction Casa famiglia) che se ne va c’è il fascinoso sostituto procuratore Cesari che arriva (quel Giorgio Borghetti che giunge fresco fresco anche lui dalla concorrenza, Il capitano recentemente e prima ancora Incantesimo): invertendo l’ordine dei fattori però il risultato non cambia tanto è vero che la “marescialla” Marcuzzi non farà altro che cambiare fidanzato.
Ora, è vero che ormai l’unico metro per giudicare i programmi tv italiani è l’Auditel, l’indice di ascolto che, come tutti sanno è per convenzione accettato da produttori televisivi e pubblicitari pur rilevando con grossi margini di errore i gusti e le scelte del pubblico: e quindi squadra vincente non si tocca (al massimo si ritocca).
Ma davvero noi telespettatori non meritiamo nulla di meglio che una scipita miscela di comici in declino, bellone da calendari e fustacchioni da reality show?
Se proprio dobbiamo sacrificare al dio Auditel, almeno ridateci Rocca!
Voto: 5
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