E venne il giorno, e venne il film, e venne l’incubo. Costruttore in primis di atmosfere capaci di lasciare immaginare rivelazioni a volta esaudite in toto (Il sesto senso, cioè a dire “ prima essere morti e non saperlo”, dopo scoprirlo e rendersi conto che non c’è nulla di peggio, ma anche Unbreakable, essere un supereroe e anche stavolta non saperlo, perlomeno non subito…), a volte negate senza troppe spiegazioni (Signs, cioè a dire incontri ravvicinati del terzo tipo che si guardano bene dal manifestarsi).
Stavolta M. Night Shyamalan è feroce come non lo è mai stato. Non allude, non rimanda “a…”, non nasconde. Piuttosto scopre e mostra con un furore splatter finora inedito (solo quando c’è di mezzo un’arma da fuoco del suicida si vedono solo le gambe…). Il perché di questa svolta feroce è un bel mistero, ma tant’è. Forse è finito il tempo della pazienza ed è giunto quello della resa dei conti. È l’ora delle tossine che provenienti dalle piante, intorpidiscono il pensiero degli individui, ne bloccano movimenti, li fanno marciare all’indietro e infine li spingono a togliersi di mezzo nel modo più cruento possibile (sdraiarsi su un prato e farsi passare sopra una motofalciatrice non è cosa che si vede tutti i giorni…).
Il film è di parecchio al di sotto delle due ore, eppure il tempo speso è più che sufficiente per dar modo a Shyamalan di attingere a tutto quello che c’è in termini di insicurezza (questa sì palpabile…).
E venne il giorno ha a che fare con la tradizione (L’invasione degli ultracorpi), con l’ambiente (la Natura si vendica contro chi la opprime) e con la morte (mostrata con una crudezza e un’indifferenza come già detta anomala nel cinema del nostro…). Di spiegazioni abbozzate ce ne sono tante, ma ogni tentativo di riportare il fenomeno nell’alveo del comprensibile ha vita corta perché non c’è niente da spiegare, tanto meno da capire.
Si perdona volentieri anche il finale che rifà l’inizio tale e quale (anche se in Francia..), perché se deve essere incubo che incubo sia…
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