– Il nome te lo ricordi?
– Najat. Sarà un amico.
– Un'amica.
– Come?
Catia si era alzata e stava sciacquando le tazze nel lavandino del nostro piccolo bagno.
– Najat è un nome di donna.
– E tu come lo sai?
– Al corso di hennè è pieno di Najat. E sono tutte donne.
– Al corso di cosa?
– Di hennè. Impariamo a tingerci i capelli, a dipingerci le mani e i piedi. È pieno di Najat.
Soltanto a me poteva capitare un ex vigile che va al corso di hennè.
– Sei sicura?
– Te l'ho detto, sono tutte donne.
In fondo cosa c'era di strano, poteva essere un'amica, una compagna di corso, il fatto che fosse omosessuale non voleva dire che non potesse frequentare delle donne. Però quel biglietto restava nella mia testa, forse era lui quella cosa sfuggente che continuava a girarmi attorno.
– Adesso telefono a Paddy e gli dico che passo a prendere le chiavi del bar – dissi, – finché non rivedo quel maledetto foglio, non sto tranquilla.
Paddy rispose dopo un infinito numero di squilli e quando sentii la sua voce, mi si strinse il cuore. Non gli spiegai perché volevo le chiavi e lui non me lo chiese, riattaccò quasi senza rispondere.
– Signora Pecchioli! – trillò Catia nell'altro telefono – Adesso guardo.
– Non ci sono – sussurrai.
– Ma cosa le dico? – mi chiese tappando la cornetta con una mano.
– Invitala al tuo corso di hennè.
Mentre uscivo sentii Catia spiegare alla signora Pecchioli che no, non poteva dare una multa a Palmiro, erano anni che non faceva più il vigile.
Il bar era silenzioso, fresco, in confronto al calore primaverile della strada.
Non mi piaceva guardare il bancone vuoto, immaginare che, se fosse stata una mattina come un'altra, Paddy sarebbe stato là a sorridere e a prepararmi il caffè.
Ci vorrebbe qualcuno, pensai, qualcuno tipo un dio, che adesso arriva e mi dice che non è vero niente, che è tutto uno scherzo. Sorridi, sei su candid camera.
Accarezzai un tavolino e raddrizzai un paio di sedie, presi nota che le piante avevano bisogno di essere annaffiate, poi entrai nell'ufficio.
Trovare tutto come l'avevo visto l'ultima volta, non mi confortò per niente, mi fece solo ricordare quanto ero stata superficiale e distratta, stupida, quella era la parola giusta. Poi rividi la faccia di Paddy mentre mi dava le chiavi e decisi che era meglio sbrigarsi a trovare una risposta e quel post–it rosa.
Il quaderno era dove l'avevo messo io e il foglietto se ne stava appiccicato sopra alla bifora a matita, osservando bene vidi che vicino allo schizzo c'era un appunto: da finire per lunedì. Mi asciugai gli occhi e mi concentrai sul post–it.
Najat, quindici e trenta.
Come aveva detto Catia? È pieno di Najat. Se era pieno di Najat il suo corso di hennè, figuriamoci la città. Ma magari l'università no e non c'è niente di male a chiedere.
Infrangere le regole sarà anche peccato mortale, ma la curiosità è un dono divino.
* * *
– Ma cosa vuole che ne sappia.
– Eri uno dei suoi amici e con te si confidava.
– Chi glielo ha detto?
– Sai, sono un investigatore privato, guarda caso scovare risposte è il mio lavoro.
Mi stavo innervosendo.
Non mi piace aver a che fare con gente poco collaborativa e poi quel piccolo imbecille mi dava del lei, ma quanti anni dimostravo, secondo lui? Mi specchiai rapida nella porta a vetri della facoltà di lettere e conclusi che non era solo imbecille, era anche cieco.
– Allora? Guarda che non posso stare qua tutto il giorno.
– Lo sa che aveva delle grane per via della sua vita privata?
– Me lo aveva detto.
– Ma forse non le ha detto che le cose stavano diventando pesanti – il ragazzo iniziò a tirarsi la barbetta bionda e io mi innervosii ancora di più. – Venga, mettiamoci là.
Ci sedemmo su una panchina al sole.
– Fuad era schietto, per questo mi piaceva, non nascondeva niente. Sa cosa mi ha detto il primo giorno di università, quando si è seduto vicino a me, in aula? Sono gay, ma non sei il mio tipo, vedi di fartene una ragione. Mi viene ancora da ridere. È che non tutti la pensano come me qua dentro.
– Ce l'avevano con lui gli studenti egiziani.
– Sì, ma non solo. Cosa crede, noi occidentali non siamo tolleranti come vorremmo far credere. Diciamo che quando Kamal e gli altri lo hanno picchiato, molti hanno fatto finta di niente.
Povero Fuad, tanto preoccupato per Paddy da sopportare tutto questo.
– Hai detto che le cose si erano fatte pesanti.
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