Ambarabàciccicoccò, il remake a chi lo do? A Dave Meyers e al suo The Hitcher che dopo ventidue anni rifà l’altro The Hitcher, quello di Robert Harmon. Come la maggior parte dei remake pedina da vicino il prototipo al quale si ispira, ma non tanto da legarsi le mani, così da poter evitare il ricalco fine a se stesso.
Il cambiamento maggiore è la mutazione dei rapporti di forza tra la coppia di giovani e il loro persecutore (chi vedrà il film ricordando l’originale se ne renderà conto…). A rimanere immutato è invece lo strano rapporto, (sadomasochistico?) che lega i tre fin dal loro primo incontro (chi fa male all’altro per primo e perché?). Basta questo a fare della storia qualcosa di esoterico, solo per pochi eletti insomma, perché quello che passa tra John Ryder (Sean Bean) l’autostoppista killer, e Sophia Bush (Grace Andrews), la vittima potenziale, una cosa fatta, soprattutto nel finale di sguardi, è una cosa che riguarda solo loro due.
Regia: ricorre sempre ad inquadrature strettissime per tenersi aperte tutte le possibilità su come e da dove far entrare Ryder (e così facendo qualche salto sulla poltrona è garantito…).
Certo è che quello che sta per accadere lo si capisce perlomeno venti minuti prima che accada, ma ci si può accontentare…
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