È lo stesso Jean-Patrick Manchette ad avere una Posizione di tiro privilegiata: è la scrittura, lo stile. Un’arma curata e oliata, per anni; attraversando i periodi storici caldi della vecchia Europa, dando speranza, nell'orbita dei 70’s, alla legittimazione letteraria del noir.
Posizione di tiro è l’ultimo romanzo che Manchette pubblicò da vivo (morì nel 1995), un libro venuto fuori dopo anni di silenzio, riflessione e ricerca. Il protagonista si chiama Martin Terrier ed è il paradigma del killer professionista, freddo e impeccabile. Non fa domande, non parla a sproposito. Lavora alacremente, salvo poi accorgersi di essere poco più di un burattino in mano al potere.
Manchette trasforma con la sua maestria uno dei temi più banali e scontati – "vorrei uscire dall’Organizzazione, dal Sistema, ma non me lo permettono" – in un capolavoro.
Doug Headline ha scritto che con questo romanzo l’autore "traccia un bilancio di tutto il genere poliziesco", narrando "il fallimento delle speranze di cambiamento nate alla fine degli anno Cinquanta e riaffermate nel maggio ’68, ma rese vane alla fine degli anni Settanta. [...] L’evoluzione negativa del mondo lo costringe a mettersi in discussione," cercando una nuova via al noir e alla scrittura in generale. Manchette, dopo Posizione di tiro, dedicò alla soluzione di questo problema quindici anni, fino alla sua morte. Purtroppo non ci è arrivato nulla, a parte un romanzo incompleto.
Vista l’evoluzione sempre più negativa del nostro mondo, questo è un romanzo da leggere e rileggere. Anche nell’ottica, nella nostra Italie, della New Italian Epic lanciata da Wu Ming 1, o più semplicemente nella prospettiva di una letteratura che riprenda a parlare di noi e di questi tempi balordi.
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