Il presidente, ovvero la caducità, l’entropia, la lenta morte della bestia sofisticata che chiamiamo uomo, "l’unico animale che, per stuzzicarsi l’appetito, sente il bisogno di adornare i cadaveri delle sue vittime".

Georges Simenon ci racconta gli ultimi anni di un uomo molto potente, diverse volte a capo di un dicastero e numerose altre primo ministro, che fu a un passo dal divenire Presidente della Repubblica, ora ritiratosi col suo orgoglio sbiadito in campagna, ai margini della vita politica, a masticare con un dentiera traballante la carne trita degli anni vissuti. Una figura che ricorda, anche se espressamente negato dall’autore, quella di Georges Clemeceau, uomo politico francese operante nei primi anni del ‘900.

Il Presidente vive lontano dal mondo, quindi, in una calma apparente, derivante in gran parte dallo sforzo protrattosi una vita nel costruirsi un’immagine pubblica impeccabile, cementata da un sarcasmo da orso che lo ha reso leggendario. Sguazza nelle sue ultime ore, lo sa perfettamente, il corpo lo sta abbandonando e la mente gli gioca strani scherzi col risultato di farlo sembrare " un foglio di pergamena su uno scheletro dalla testa spigolosa in cui il cervello continuava a lavorare a vuoto".

I coccodrilli sono già pronti, signor Presidente, il suo delfino nuota già in mezzo agli squali. E lei è scisso, tra segreti che paiono inconfessabili e non lo sono, tra una vita che pare non esserci mai stata veramente.

"Il confine tra la vita e la morte è difficile da stabilire, o forse non esiste".